martedì 24 giugno 2008

cose di questo mondo..

      FORSE NO

 


Ad un certo punto del suo cammino alla nostra banca deve essere sorto un dubbio:

 Stiamo facendo abbastanza per i nostri uomini?

Gli addetti agli sportelli sono amorevolmente seguiti tutti i giorni, i loro risultati vengono monitorati al minuto, ma all’orizzonte del profitto si affaccia qualche nuvola.  Di coloro che lavorano nelle direzioni, poi, non si conosce fino in fondo l’attaccamento all’Impresa. In ogni caso, se esiste la possibilità di ottenere ancora di più, perché non provare qualcosa di nuovo?

 

E così una mattina, entrando in ufficio (perlomeno in Direzione Generale), i nostri colleghi si sono trovati degli enormi

 “FORSE

appiccicati all’ascensore, e a fianco un’altra scritta del tipo:

questa è la porta per arrivare all’obiettivo”.

Più tardi, andando a fare la loro brava pipì, hanno trovato dentro i bagni (non dentro i water, appena sopra) i “FORSE” con su una grossa croce, come a dire che per noi di Unicredit il “forse” e il dubbio non esistono.

In assenza di spiegazioni aziendali tiriamo a indovinare: si tratta di quelle “scritte motivazionali” che vanno tanto forte negli Stati Uniti, ed evidentemente funzionano.

Se funzionano là funzioneranno anche qua, avranno pensato gli ideatori – lautamente retribuiti, immaginiamo – della bella trovata.

Di fronte a cose come queste si può ridere o prenderle sul serio. Proviamo la seconda.

Senza voler scomodare Orwell troviamo in queste iniziative le seguenti caratteristiche:

a)      identificano i lavoratori non come soggetti ma come oggetti, il cui compito è recepire il messaggio e produrre il risultato atteso;

b)      prospettano un mondo in cui il dubbio, l’approssimazione, il risultato parziale sono una degradante sconfitta: conta solo il successo, il raggiungimento dell’obiettivo;

c)      il risultato che vale davvero, cioè in definitiva lo scopo della nostra vita, non è da qualche parte nella nostra testa o nel nostro cuore, e nemmeno in un libro o in un sogno, ma è nell’Impresa.

Più banalmente, si tratta di un “aiutino” per far sì che i pensieri dei colleghi siano allineati a quelli della banca.

Chissà quanto hanno studiato i signori che hanno avuto l’originale pensata. Siamo pronti a scommettere che di fronte alla critica risponderanno piccati che

l        intendevano porre in modo scherzoso e leggero l’attenzione sul successo aziendale che è anche nostro ecc.,

l        siamo vecchi e fuori del tempo,

l        non capiamo l’approccio “amichevole” della banca per e fra i colleghi.

A questo proposito vi è un'ulteriore novità, la radio aziendale (questa per tutti gli uffici, basta avere un PC...) che ci accoglie al lavoro ogni mattina, con tanto di “mix di successi del momento e classici intramontabili”.

Ci dovrebbero invece spiegare perché l’azienda non si accontenta dell’impegno intenso,  qualificato e costante che mettiamo nel lavoro che facciamo, cercando anche di farlo bene, liberamente e in cambio di una retribuzione che ne rappresenta bene o male il valore.

Ci dovrebbero invece dire se nel nostro futuro dobbiamo intravedere una progressiva “giapponesizzazione” del clima aziendale: a quando l'inno di UniCredit da cantare Tutti Insieme, al mattino prima del lavoro, con la mano sul cuore??

Non c’è proprio nulla da ridere: queste iniziative esercitano una violenza - piccola o grande, dipende dalle nostre sensibilità - sulle nostre persone.

Perché noi siamo donne e uomini liberi.

Siamo nati per la libertà e per la realizzazione delle nostre intime, profonde, personali, modeste aspirazioni che non staranno mai - altrimenti saremmo dei poveri reclusi - costrette dentro un’impresa, che è il nostro datore di lavoro e non il nostro padrone.

Non c’è nulla da ridere.

C’è anzi da esprimere la nostra sommessa ma decisa obiezione di coscienza a queste novità.

C’è da dire il nostro

“Non ci sto!” 

E c’è da chiedere garbatamente alla nostra azienda - se ancora ha un po’ di scienza e di coscienza - di darci un taglio.

 

 

 

 

domenica 15 giugno 2008

cane guida

p.s. nostro commento alla fine dell’articolo.

Ciechi, il cane non sale sul taxi


12-06-2008
L'Arena

VERONA - Cani guida a bordo? No grazie. Questa la risposta, fino a pochi giorni fa, dei conducenti veronesi di Radiotaxi alla richiesta da parte di svariati nonvedenti di essere portati alla destinazione richiesta insieme ai loro inseparabili amici a quattro zampe.
La segnalazione è arrivata all'Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti-sezione di Verona e prontamente Maurizio Mariotto, presidente dell'associazione che si occupa delle problematiche legate ai disabili della vista, si è messo in contatto con la direzione scaligera di Radiotaxi per sottoporre la questione che ora, rispolverata la normativa in merito, non sarà più un problema.
«C'è una legge risalente al 1974 che impone ai tassisti di non rifiutarsi di effettuare questo servizio e dà diritto al privo di vista di farsi accompagnare dal proprio cane guida su ogni mezzo di trasporto pubblico senza dover pagare per l'animale alcun biglietto o sovrattassa», sottolinea Mariotto. «Anche se capiamo che ad alcuni può dar fastidio il pelo che i nostri cani lasciano, si potrebbe però ricorrere all'escamotage di un telo da porre sul sedile dove verrà sistemato l'animale. Il direttore di Radiotaxi, comunque, è stato informato e a sua volta si è impegnato a dare le dovute istruzioni ai tassisti».
È un altro, e non meno grave, il rifiuto rivolto ai nonvedenti e ai loro «angeli custodi» che non hanno facile accesso ai luoghi pubblici quali, bar, ristoranti, sale da concerto e cinema. «Sì, proprio cinema» stigmatizza Mariotto, «perché anche chi non vede ama i film e se non ha occhi per vedere ha orecchie per sentire e sensibilità per capire. Non ci si deve meravigliare, quindi, nemmeno della richiesta da parte di un cieco, che arriva col suo cane guida, di entrare in sala».
Anche in questo caso la legge interviene in difesa del cieco e prevede che gli sia riconosciuto il diritto di accesso agli esercizi aperti al pubblico con il proprio cane guida. Inoltre stabilisce che chi impedisca od ostacoli, direttamente o indirettamente, l'accesso ai privi di vista accompagnati dal proprio cane guida, è soggetto a una sanzione amministrativa pecuniaria che può andare dai 500 ai 2.500 euro. Sui mezzi pubblici, tuttavia, se richiesto dal conducente o dai passeggeri, il privo di vista è tenuto a munire di museruola il proprio cane».
«Purtroppo l'Italia in questa materia è ancora uno dei Paesi più indietro a livello mondiale con una normativa ferma a esigue disposizioni di una legge varata più di 30 anni fa e rivista e integrata solo due anni fa», aggiunge Mariotto, «ma confidiamo nel buon senso e nella civiltà dei cittadini, disabili e non, per una convivenza intelligente e costruttiva».

di Michela Pezzani

NOSTRO COMMENTO..

La cosa che ci innervosisce non è tanto il fatto che il padrone non sia in grado di andare in giro per i fatti suoi, ma piuttosto che il cane guida, ad esempio dharma il cane di pipistrello, non possa andare in giro al cinema o a teatro come si conviene ad un cane guida pieno di interessi culturali..

aragoste e c.



È stato completato alle Cinque Terre un sentiero subacqueo per ...
03-06-2008
La Nazione

LA SPEZIA. È stato completato alle Cinque Terre  un sentiero subacqueo per disabili visivi, il primo del genere in Europa. Si trova nello specchio di mare antistante l'abitato di Monterosso a circa 200 metri dalla costa, all'altezza del promontorio di Punta Corona e a una profondità marina che varia tra i 9 e i 18 metri. Per percorrerlo ci vogliono circa 50 minuti. Per accompagnare i disabili, nel percorso realizzato dal parco nazionale delle Cinque Terre, sono stati avviati corsi di formazione in collaborazione con l'associazione nazionale disabili visivi. Si tratta di un percorso ovale di circa 200 metri, che può essere affrontato da sub in possesso di un brevetto di primo livello. Il percorso si snoda tra poseidonie, aragoste, spugne marine rosse e gialle.

NOSTRO COMMENTO..

Molto interessante, ma è stato vietato a talpa di percorrerlo altrimenti le aragoste fanno una brutta fine.

La cosa che ci impressiona è che si è più sicuri in fondo al mare che in qualsiasi città, provate ad attraversare corso francia o corso vittorio emanuele a torino e poi ne riparliamo                                 !


senza parole..

  Non sapeva a memoria il Corano Bimbo cieco ucciso dal maestro
03-06-2008
Il Corriere della Sera

In una madrassa in Pakistan L'insegnante sarà processato per omicidio

Atif, 7 anni, è stato appeso a testa in giù e bastonato Un bambino cieco di 7 anni, Mohammad Atif, è morto ieri in una madrassa pachistana. La sua colpa: non aver imparato a memoria alcuni versetti del Corano.
Il papà, un bracciante nel paese di Vehari, zona di campi di cotone nella provincia orientale pachistana del Punjab, lo aveva iscritto 8 mesi fa in una madrassa, una scuola religiosa. Ma il maestro, Maulvi Ziauddin, ha scoperto che Mohammed non aveva memorizzato alcuni passi del Corano. Mercoledì scorso, per punirlo lo ha appeso a testa in giù al ventilatore del soffitto. Una volta liberato, Mohammad piangeva e allora il maestro lo ha picchiato con un bastone per farlo tacere. Il giorno dopo, il bambino è stato trovato morto nella stanza di Ziauddin, che si era dileguato.
Gli altri studenti e la famiglia hanno raccontato la storia alla stampa. Il cugino della vittima, Mohammad Amir, ha detto che, dopo essere stato slegato, il bambino «era isterico e gridava. Il maestro lo ha picchiato col suo bastone e Atif si è zittito. Poi lo ha fatto distendere in un'altra stanza e ha messo un lucchetto alla porta. Giovedì sera, mi ha dato la chiave del lucchetto e se n'è andato. Quando ho aperto la porta, ho trovato Atif morto ». La causa: violenze fisiche e soffocamento secondo l'autopsia. Il bambino, cieco dalla nascita, era già stato picchiato dal maestro con un bastone di ferro. Ma i genitori lo avevano curato e poi rimandato a scuola, nella speranza che diventasse un mullah un giorno. Ziauddin, catturato giovedì sera dalla polizia, ha confessato di aver picchiato il bambino e di averlo legato e tenuto appeso per mezz'ora. Aveva punito altri ragazzi in passato, ha aggiunto. A suo dire, Mohammad era troppo fragile.
Il premier Yusuf Raza Gilani ha ordinato un'inchiesta e il maestro sarà processato per omicidio. Ma agli occhi di alcuni pachistani, attenti osservatori della società, la morte del bambino non è una sorpresa. «Le punizioni fisiche sono sistematiche nelle scuole religiose», dice al telefono da Karachi Abdul Waheed Khan, fondatore della «Bright Educational Society », istituto che si occupa di formazione degli insegnanti, che ha convinto 350 madrasse a insegnare anche materie come scienze e inglese oltre al Corano. «È un problema presente anche nelle scuole statali, ma in misura assai minore», aggiunge. Nel 1990, Khan ha lavorato in una madrassa per un anno per capire come funzionano. «Che vita è questa per i bambini? - disse dopo l'esperienza - Non potevano giocare. Ho visto abusi sessuali e stupri. Apprendevano da insegnanti senza alcuna preparazione». Secondo stime ufficiali le madrasse in Pakistan sono 13.000 e contano 2 milioni di studenti. Accusate d'essere il punto di contatto tra la popolazione e i gruppi islamici estremisti, sono però anche una risposta alla carenza di scuole pubbliche, soprattutto nelle campagne. Gratuite, offrono alloggio ai bambini poveri. Nel 2002 il governo lanciò un programma per modernizzarle, includere altre materie oltre alla religione, stabilire standard educativi. Ma è stato sospeso. «Ci sono stati due o tre casi di violenze nelle madrasse negli ultimi mesi, in uno dei quali si trattava di abusi sessuali », dice Munizeh Zuberi, giornalista di Dawn, quotidiano pachistano in inglese. «Le madrasse non sono regolate in alcun modo dallo Stato - aggiunge -. Gli insegnanti, a parte il Corano, non hanno alcuna preparazione. Pensano che le punizioni fisiche siano normali perché anche loro sono stati educati così».
Khan però afferma che gli abusi sui bambini in Pakistan sono un problema sociale diffuso anche al di fuori delle madrasse. Un rapporto dell'associazione «Lawyers for Human Rights and Legal Aid» osserva che sono stati denunciati 1.595 casi di violenze su minori nel 2007 e punta il dito contro le autorità, che non fanno applicare le leggi, e la mancanza di una cultura sui diritti dei bambini. «Quei casi sono solo la punta dell'iceberg - ha osservato il direttore Zia Awan -. L'80% non vengono denunciati».

Maestro e allievi
Maulvi Ziauddin, a sinistra, è il maestro arrestato dalla polizia per l'omicidio di un allievo.
Accanto a lui, Mohammad Amir, il cugino della vittima.

Viviana Mazza

NOSTRO COMMENTO…

Anche pianeta  ciecagna a volte rimane senza parole e quelle che vorremmo riportare sono passibili di censura!!!!!


lunedì 9 giugno 2008

balle pietistiche

Con gli occhi bendati e a braccetto ...
22-05-2008
Il Gazzettino

PADOVA. Con gli occhi bendati e a braccetto di un non vedente, anche Milvia Boselli, presidente del Consiglio comunale di Padova, ha partecipato ad una lezione del corso di "fiducia" per ciechi e volontari diretto dallo psicologo e psicoterapeuta Giulio Maggia, organizzato dall'Univoc di Padova (Unione italiana volontari pro ciechi) e sostenuto dal Centro Veneto servizi e dal Club degli ignoranti.
In occasione della lezione conclusiva del corso sperimentale, primo nel suo genere, denominato "Sicurezza e tenerezza" e finalizzato a favorire e migliorare i rapporti fra non vedenti e volontari, la Boselli, in rappresentanza delle istituzioni, è stata resa partecipe del percorso di sviluppo di fiducia tra chi aiuta e chi riceve, attraverso l'importante passaggio che è lo scambio dei ruoli. Sono dieci in tutto le coppie di volontari e non vedenti che hanno partecipato al progetto pilota che, in sei lezioni, da dicembre a maggio, si è svolto all'insegna dello sviluppo di un aiuto professionalizzato da parte di chi guida e di una ricettività positiva, costruttiva, da parte di chi "segue". Imparare a fidarsi dell'altro è un ostacolo che, per un non vedente, rappresenta infatti un limite talvolta difficilmente valicabile e per lo stesso volontario l'approccio giusto non sopraggiunge sempre spontaneo. È così che in un percorso di affinamento delle relazioni e di consapevolezza dei segnali corporei su base sia teorica che pratica, si sono costruite le fondamenta per un'esperienza che gratificherà entrambe le parti, risparmiandosi a vicenda vane frustrazioni. Spesso, aiutare l'altro non è sempre facile e la spinta iniziale del volontario può spegnersi nella supposta non riconoscenza di chi fruisce la gratuità del gesto. Anche questo rischio, attraverso "Sicurezza e tenerezza", non sarà più possibile.

Gloria Cesarotto

Nostro commento…

Dgliela ancora con queste definizioni che fi fanno l’orticaria! Che cosa significa “tenerezza e sicurezza”?

In un contesto di accompagnatori e accompagnati non bisogna farla tanto lunga, cittadini disabili sensoriali spesso hanno l’uso della parola e anche gli accompagnatori si spera, con un po’ di buon senso ci si capisce al volo,altrimenti cone quando si è “fidanzati” le prime volte si cincischia un po’, poi fila tutto liscia oppure ci si olla.

Sempre con queste balle pietistiche, l’accompagnatore  di Talpa gli ha subito detto: “dimagrisca e poi la prendo in braccio quando dobbiamo attraversare, prima non se ne parla!”

A Pipistrello il volontario gli ha detto se non la smette di russare ogni volta che ci fermiamo a un semaforo rosso la mollo li  in mezzo all’incrocio!”

A Fanale invece “si arrangi lei ha gli occhiali!”