lunedì 22 febbraio 2010

E se cominciassimo a corromperli? (di Franco Bomprezzi)

commento in fondo..
     se cominciassimo a corromperli? (di Franco Bomprezzi)

È la provocazione lanciata da Franco Bomprezzi, constatando che proprio la corruzione diffusa nel nostro Paese è una delle cause delle barriere architettoniche e della mancanza di una vera progettazione inclusiva per tutti. «Infatti - scrive Bomprezzi - i progettisti, i committenti, le imprese, i funzionari, i tecnici, i consiglieri comunali, i politici, sono concentrati sull’obiettivo di guadagnare potere e denaro per perpetuare se stessi e le persone con disabilità non sono in grado di contrastare questo fenomeno, o di pagare tangenti per una buona causa, quella dell'accessibilità per tutti. Forse in futuro dovremmo cominciare a corrompere gli architetti, gli ingegneri, i consiglieri comunali, i parlamentari, i funzionari ministeriali. Pagandoli profumatamente probabilmente riusciremmo a vivere in un mondo migliore!»

Ho atteso qualche giorno. Un’idea mi frullava nella testa. Cercavo un indizio, un nesso. Non ho faticato a trovarlo. Quando entro in un edificio imponente, di nuova costruzione, quasi sempre un edificio pubblico, mi accorgo subito che non c’è stata alcuna attenzione, se non puramente formale, alla questione dell'accessibilità. Entro con la mia sedia a rotelle, mi guardo attorno, e scopro quasi sempre percorsi dedicati, nascosti, periferici, che richiedono un piccolo aiuto, quanto meno un assistente che ti guida verso la rampa, verso l’ascensore, verso il posto "dedicato" alle persone con disabilità, nella platea di un teatro, nell’accesso a un museo, nell’ingresso di un ufficio pubblico, di una banca, di un grande albergo, perfino di qualche negozio importante.

Ho letto in questi giorni, come tutti abbiamo fatto (almeno spero), le notizie delle indagini sugli affari promossi e favoriti dalla Protezione Civile. Prescindo completamente dalla persona di Guido Bertolaso, non mi interessa la situazione della singola persona, rispetto alla quale non ho alcun elemento per giudicare o per emettere sentenze. Ma quanto emerge dalle cronache è più che sufficiente per farsi un’idea di come funzioni il rapporto fra opere pubbliche, appalti, committenza politica, istituzioni e funzionari.
Contano solo i soldi, il denaro, il potere. Noi, i cittadini, no. Nulla, meno di zero. Esiste l'"aristocrazia del cemento" e degli appalti, un mondo chiuso e protetto di imprenditori e di politici, di tecnici, progettisti, affaristi, faccendieri, portaborse, fornitori di servizi alla persona (centri massaggi, ad esempio), che vive in funzione del denaro che si può estorcere per garantire nei tempi necessari al risultato richiesto, ovvero a far fare bella figura al Potere: la Grande Apparenza.
Il denaro che circola è tanto, in euro fa meno effetto, se traducessimo tutto in vecchie lire, saremmo terribilmente impressionati dalle cifre della corruzione. Questo ceto ricco, epulone, privo di morale, vive in un mondo separato dalla morale quotidiana di tutti noi. Le persone con disabilità, ad esempio, non sono attrezzate per affrontare questo Moloch. Pensano di essere portatrici di diritti essenziali, e fra questi spicca certamente l’accessibilità, la mobilità personale. Ma appare evidente che a questo ceto di ladri e di parassiti non interessa affatto risolvere per davvero i problemi di mobilità e di accessibilità delle persone.

Ecco perché non ho mai sentito in nessun convegno ad alto livello sulla programmazione delle grandi opere pubbliche (penso ad esempio ad Expo 2015 a Milano) un briciolo vero di attenzione alla voce delle persone con disabilità. Tutto diventa secondario, un accessorio reso obbligatorio dalle leggi vigenti, che tanto si possono aggirare, eludere, ignorare, beffare, perfino citando a scusante la mancanza di risorse economiche a disposizione.
La mia considerazione odierna è che la corruzione diffusa in questo Paese sia una delle cause delle barriere architettoniche ancora così diffuse e della mancanza di una vera progettazione inclusiva per tutti. Infatti, i progettisti, i committenti, le imprese, i funzionari, i tecnici, i consiglieri comunali (vedi Milano), i politici, sono concentrati sull’obiettivo di guadagnare potere e denaro per perpetuare se stessi. Le persone con disabilità non sono in grado di contrastare questo fenomeno, o di pagare tangenti per una buona causa, quella dell'accessibilità per tutti. Forse in futuro dovremmo cominciare a corrompere gli architetti, gli ingegneri, i consiglieri comunali, i parlamentari, i funzionari ministeriali. Pagandoli profumatamente probabilmente riusciremmo a vivere in un mondo migliore!

*Testo apparso anche in «FrancaMente», il blog senza barriere di Vita.blog, con il titolo: La questione morale.
 
Mio commento prelato sergio alias fanale..  
 
Per qquanto mi riguarda , occupandomi da tre anni, di barriere architettoniche, il commento dell'articolo sopra mi ha fatto riflettere.
In Piemonte, ai tavoli a cui ho partecipato per conto dell'unione, non credo che pagando tangenti avrei ottenuto qualche cosa,quindi non credo che la corruzione a fin di bene possa funzionare.
Sicuramenterespngerebbero la tangente,, dicendo "per carità ci mancherebbe altro pure da voi poveri invalidi, anche noi abbiamo una morale!!"
La tangente che io pago è il tempo che rubo alla mia famiglia e a me stesso, per andare in giro a sbattermi per questioni importanti, come i trasporti, il suolo pubblico ecc.
Torino è teatro di importanti trasformazioni,cerco come delegato dell'uici, di stare dietro insieme ad amici di cordata che si occupano di problemi motori.
Subiamo qualche sconfitta e otteniamo qualhche vittoria. Ieri abbiamo subito una sonora sconfitta in quanto non riusciamo a formare un tavolo tecnico congiunto con tutti gli assessorati, per coordinare interventi coerenti in tutta la città e impedire errori imbarazzanti.
La nostra consulenza gratuita e il lancio di un PEBA piano eliminazione barriere architettonoiche, peraltro previsto dalla legge da vent'anni, è stato accolto con freddezza.
Quindi secondo loro dovremmo continuare a saltare da un cantiere all'altro "mendicando" INTERVENTI in corso d'opera o rimetterci alla stramaledetta sensibilità dei progettisti.
Quindi temo che  la corruzione non sarebbe sufficiente...ci vorrebbe un trapianto di cervello o forse bisognerebbe intercettare gli architetti nell'utero materno facendogli ascoltare tutte le parolacce di quei cittadini in difficoltà che tutti i giorni cercano di vivere la loro vita.
Invece credo che noi associazioni ci siamo fatti corrompere dalle istituzioni, barattando per qualche aumento misero di pensione tutte le altre problematiche.
Anche l'UNIONE ITALIANA CIECHI cerca di vendere e sottolineovendre beccando percentuali sul venduto, il vettore che per i non addetti ai lavori è una piastrella tattile che si posa a terra perguidare i non vedenti e gli ipovedenti in ambienti complessi.
Come facciamo a essere credibili  sulle quantità di piastrelle da piazzarequando ci  becchiamo una percentuale sul posato????

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mercoledì 17 febbraio 2010

Vorrei commentare l.doc

MIO COMMENTO IN FONDO.

 

 

buonasera,
sul quotidiano la città di salerno in data odierna e stato pubblicato un articolo che parla della vicenda dei coniugi Pascale e la mancata adozione di un bambino perche' a dire del pm la madre e non vedente.
di seguito vi invio gli articoli usciti sul giornarle e la posizione assunta dalla sezione provinciale di Salerno dell'uic che potete trovare sul sito
http://www.uicisalerno.it area news.

PAGANI. Il Tribunale boccia l'istanza di adozione perché la potenziale madre è non vedente. Una storia che scuote le coscienze quella raccontata dalla protagonista, Maria Sicignano, quarantenne, centralinista presso il comune di Pagani, alla quale è stato negato l'affetto di un bimbo da poter crescere ed accompagnare nel percorso della vita.
L'iter burocratico inizia nel 2005 quando Maria, insieme al marito Rocco Pascale, decidono di avviare le pratiche per la richiesta di adozione di un bambino di nazionalità italiana. "Nel 2005 ho fatto una dichiarazione di disponibilità per l'adozione al Tribunale dei Minori di Salerno - ha raccontato Maria - Dopo avere avviato tutta una serie di procedure ci siamo visti costretti, però, a rivolgerci ad un legale, Gelsomina Bottesini, che è riuscita ad ottenere una documentazione nella quale il pm del Tribunale dei Minori di Salerno ha espresso parere sfavorevole, in quanto, la sottoscritta è non vedente. Va precisato che siamo riusciti ad avere questi documenti solo tre anni dopo la presentazione della dichiarazione di disponibilità per l'adozione e cioè nel 2008. Questo avveniva anche perché oltre al legale abbiamo interpellato l'Unione Nazionale dei Ciechi che ha interagito in maniera forte. Per tre anni la pratica girovagava per il Tribunale senza che nessuno avesse il coraggio di informarci rispetto al parere del pm".
Di qui i coniugi Pascale non si arrendono e alla scadenza della prima istanza, s'imbattono nel rinnovo della seconda istanza. Ad attenderli una nuova prassi burocratica fatta di altri colloqui e di un corso di perfezionamento alla genitorialità. "Per il Tribunale di Salerno, per essere genitori bisogna perfezionarsi - ha asserito Maria - Abbiamo seguito questo corso che, non volendolo fare al Piano di Zona di Nocera Inferiore, siamo stati indirizzati al Piano di Zona di Cava ed è stato tenuto ad Amalfi. Da precisare che è stato un corso interessante, formativo, condotto da personale qualificato e che ci ha lasciato tanto. Dopo c'è stata la lunghissima attesa per riuscire ad avere il colloquio individuale con gli psicologi di Amalfi. Otto giorni fa sono andata a fare l'ultimo. Tra un anno scade la seconda istanza e siamo ancora a fare colloqui". Per la legge Maria non può essere una madre. Si chiede: "Quante persone hanno il mio stesso problema e sono genitori? Significa che bisogna andare a togliere l'affidamento di questi bambini, ad allontanarli dalle loro famiglie?
Non c'è differenza tra bambino adottato e bambino biologico, l'importante è avere una famiglia, oltretutto mio marito è normodotato".
Per Maria e Rocco è ingiusto. "Quello compiuto nei miei confronti è un atto discriminante, una forma di razzismo. Oltretutto questa diversità è una disabilità visiva non fisica o psichica. Siamo inseriti nel mondo del lavoro". Una battaglia legale che si è trasformata in una battaglia civile. "Quando scadrà la seconda istanza, continuerò la mia battaglia - ha concluso Maria - Non più per me bensì per chi vive la mia stessa situazione e non ha la mia stessa forza d'animo. Se al 2010 siamo ancora a questo, significa che c'è molto da fare per cambiare".
Liliana Tortora

PAGANI. La testimonianza della signora Maria si è fatta strada on line arrivando a coinvolgere, tramite svariati siti internet, numerose persone che hanno sposato questa giusta causa. "Anche attraverso Facebook- ha spiegato - abbiamo chiesto l'aiuto di tanta gente, infatti, sono arrivate centinaia di fax al Tribunale dei Minori di Salerno, di protesta civile, a nostro sostegno". La signora Maria ha colto l'occasione per lanciare un appello a quanti vivono la sua stessa condizione. "Sono disposta a costituire un Comitato. Chi si vuole unire può farlo prendendo contatti con me. Se bisogna combattere occorre riunire le forze". Si attendono, dunque, adesioni anche da parte di chi semplicemente intende appoggiare la coppia.

PAGANI. La storia dei coniugi Pascale ha visto scendere in campo anche il presidente dell'Unione Nazionale dei Ciechi, Vincenzo Massa, che ha svolto un ruolo fondamentale nella vicenda. L'associazione si è assunta in prima persona, attraverso il proprio rappresentante, l'onere di interagire nella complicata burocrazia a monte dell'istanza di adozione avanzata da Maria e Rocco. Il suo intervento è riuscito a smuovere le acque o meglio a far venire a galla la motivazione addotta dal Tribunale dei Minori di Salerno che di fatto ha rifiutato la richiesta di adozione, in quanto, la madre adottante è cieca. "A Massa va un ringraziamento - ha affermato Maria Sicignano- per la vicinanza dimostrataci e per l'azione attivata in nostra difesa"

 

 

 

torino 17 febbraio  2010

Vorrei commentare l’articolo che avete appena letto riguardo una presunta mancata adozione.

Questo è un argomento delicato

 Ma non si può sempre fare finta di niente.

 Nel mio caso, non parlo da esperto, ma da persona coinvolta personalmente in una pratica di adozione.

La cosa che colpisce sicuramente è la sofferenza per la mancata adozione, capisco benissimo il desiderio di diventare genitori e magari vedersi sfumare questo desiderio davanti agli occhi.

Va detto però che l’approccio a questa vicenda da parte della coppia secondo me è sbagliato.

Non conosco le motivazioni, che sono scritte sui documenti e i profili psicologici della coppia redatti dall’equipe che li ha esaminati.

 

Le motivazioni sono li e bisogna eventualmente contestarle nelle opportune sedi senza fare battaglie mediatiche.

All’inizio del mio percorso  per un’adozione internazionale ero molto aggressivo e pronto a battagliare, perché pensavo già a priori di essere discriminato in quanto io ipovedente grave destinato alla cecità.

Avevo già in mano una sequela di leggi sulla discriminazione da mettere davanti prima di tutto.

Dal 2001 il legislatore, finalmente, ha riformato la procedura per l’adozione velocizzandola e snellendola.

Naturalmente dipende molto dai tribunali dei minori che hanno competenza nelle varie città.

L’eqipe di assistenti sociali e psicologi si sono molto aggiornate e mi sembra ci sia stato un ricambio generazionale.

Per fortuna prima di depositare la domanda di adozione, mi hanno consigliato un corso non obbligatorio ma auspicabile, di avvicinamento all’adozione.

Mi ricordo quel giorno di tre anni fa molto bene.

Io e mia moglie entriamo nella sala conferenze, io mi preparo da buon italiano medio con la verità in tasca ad ascoltare queste noiosissime conferenze.

 

Il relatore comincia a spiegare la riforma della legge  sulle adozioni per correggere il più possibile gli errori del passato, e dare risposte concrete alle coppie ansiose di adottare

La frase iniziale mi colpì come uno schiaffo, eppure l’avevo  letta molte volte senza capirla veramente.

La frase recita: “non sono i genitori ad aver diritto ad un figlio, ma è il bimbo ad aver diritto ad una famiglia, noi abbiamo il dovere di ponderare attentamente l’idoneità dei genitori candidati all’adozione, perché ogni fallimento, ogni nostra valutazione errata, si trasforma in tragedia non risanabile per il bimbo, che magari è stato abbandonato o orfanoe magari  viene rifiutato anche dalla famiglia adottiva. Un trauma irrecuperabile”.

 

Purtroppo durante questa due giorni di incontri, venivano citati anche fallimenti, perché non dimentichiamolo mai, spesso i bimbi da adottare hanno subito violenze e situazioni pesanti, anche se adottati in fasce avranno delle crisi di identità molto forti.

Quindi in poche parole allo stato non frega niente dei desideri dei genitori, deve essere attento nella valutazione delle coppie per il bene del bambino.

Invece sempre, io per primo, avevo messo al centro me stesso e il mio presunto diritto alla genitorialità.

Dopo quell’incontro io e mia moglie ci confrontammo sull’opportunità di continuare nel percorso e,  se depositare la domanda.

Decidemmo di proseguire, e di non contestare un eventuale diniego alla nostra idoneità all’adotzione.

Naturalmente se avessimo letto delle motivazioni aleatorie e palesemente inesatte sul nostro conto magari le avremmo contestate.

Ma la mia disabilitàavrebbe pesato parecchio nella valutazione del nostro profilo. Non poteva essere diversamente non possono mica darmi un bimbo senza sapere che  tipo sono, se sonoautonomo se non sono depresso dalla mia  malattia visiva ecc.

Non possono mica, valutarmi  idoneo solo per non offendre il mio senso di discriminazione.

Il bimbo come si sarebbe approcciato a noi ed in particolare a me nella vita quotidiana, gli avrei dato sicurezza e supporto?

Devo dire che dopo aver depositato la domanda al tribunale dei minori di torino, ci aprimmo completamente agli psicologi e agli assistenti sociali di zona che dovevano dare un parere ai giudici minorili.

Persone serie e competenti, che facevano domande legittime sulla nostra vita, sulla nostra  famiglia, sulle nostre anzie, sulla nostra infanzia ecc.

Questa è la procedura, qualcuno ci giudica ed è giusto.

Le valutazioni sono state positive e i giudici si trovarono un fascicolo in cui eravamo “giudicati abbastanza normali”.

A quel punto cinque giudici in modo collegiale esaminarono la nostra pratica, per non trascurare nessun aspetto per il bene dell’eventuale abbinamento con un bimbo da adottare. Cinque giudici per tutti e non solo per noi, questa e laprassi.

Il parere  positivo del tribunale ci ha permesso diintraprendere e portare a termine una adozioneinternazionale.

La prassi è stata lunga e non vi voglio tediare.

Questa coppia invece si è fermata a quella nazionale.

Da notare che la nazionale è molto difficile in quanto il rapporto fra coppie in lista e bimbi disponibili è di un bimbo ogni dieci domande.

E’ chiaro che una coppia condelle caratteristiche particolari, verrà messa in secondo piano , secondo me giustamente, in quanto un bimbo adottato dovrà avere meno problemi in linea teorica con due genitori senza disabilità.

Questo potrebbe sembrare discriminatorio, dal punto di vista dei genitori, ma nondal punto di vista del bene del bambino.

In linea generale, un giudice può considerare idonei dei genitori con disabilità, ma potendo scegliere sceglie il rischio minore mettendo nelle mani un bimbo   a dei  genitori adottivi senza peculiarità se le statistiche glielo consentono.

Infatti noi come coppia ci siamo rivolti all’internazionale  perché ci sono più bimbi che coppie.

Anche qui la scelta del paese è delicata, in  quanto noi pensiamo che i paesi dove si adotta siano un supermarketdi bimbi a nostra  disposizione.

Non è così, ogni paese ha il suo sistemagiuridico, e può valutare a sua volta inidonei genitori candidati.

Come si può notare l’argomento è complesso  e soggettivo. Infatti mia  moglie è “normale”, forse questo ha favorito il nostro percorso. Comunque io sono stato valutato attentamente e ne sonocontento, questo è stato sintomo di serietà da parte delle istituzioni.

La battaglia che la coppia sta combattendo non la condivido, perché quando ci dicono di NO noi italiani ci sentiamo defraudati e non vogliamo sottostare a nessuna regola.

Inoltre le motivazioni  di una difficoltà nel profilo della coppia è segnalata chiaramente nelle reelazioni e a disposizione della coppia.

Infatti,  come confermato da loro, hanno fatto dei corsi per affrontare meglio l’adozione, riscontrando serietà e competenza.

Quindi è difficile giudicare, ma si deve leggere nella relazione e capire perché la cecità di uno dei due inficia l’adozione.

In ultima analisi, mi risulta che nell’adozione nazionale non viene emessa una sentenza di idoneità, si viene iscritti per tre anni in un elenco che è disponibile  per una adozione e dopo i tre anni bisogna reiterare la domanda.

Quindi i giudici”scelgono” da questo elenco le coppie più idonee, in questa fase di fatto una relazione psicologica che sottolinea alcuni dubbi sulla coppia pesa molto.

 

Mi sembra che la conoscenza deve essere precisa della procedura, invece dall’articolo del giornale di salerno mi sembra ci sia un po’ di confusione.

La nostra lista serve comunque anche a questo, non solo a dire cose legèere.

Un ultima nota: non miè piaciuta la frase della coppia “noi non siamo mica su una sedia a rotelle e ritardati”, allora anche loro discriminano.

Anche la frase superficiale sui genitori naturali, che dovrebbero essre spogliati dalla patri apotestà naturale e se invalidi, non è corretta.

Ci sono genitori naturali con disabilità a cui è stata tolta la patria potestà, come ci sono state coppie “normali” che hanno subito lo stesso destino.

Mentre ci sono coppie perfettamente  meritevoli di stima nell’allevare i propri figli naturali, pur con disabilità gravi o meno gravi.

     Secondo me un genitorenaturale, non può essre esaminato  prima dell’esperienza, ma si spera che maturi in  lui un genitore responsabile.

Se ciò non accade lo stato interviene, purtroppo spesso, più di quanto  si creda.

Nel caso dell’adozione lo stato ha il dovere di esaminare, visto che ne ha la possibilità, la coppia da cima a fondo, spesso sbagliando in  un senso o nell’altro.

Sergio prelato

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lunedì 15 febbraio 2010

Mario, dipendente comunale non vedente "costretto" a una inerzia forzata

      
NOSTRO COMMENTO IN FONDO..   
Mario, dipendente comunale non vedente "costretto" a una inerzia forzata

Non vuole fare il "mangiapane a tradimento", ma essere messo in condizioni di lavorare e salvare la rivista telematica PcCiechi, da lui creata. La storia di un uomo che, a Giugliano, lotta nonostante scarsi mezzi e minacce di provvedimenti disciplinari

GIUGLIANO - Non vuole fare il mangiapane a tradimento, vuole che lo si metta in condizioni di lavorare e vuole salvare la sua creatura, la rivista telematica PcCiechi che, dal 2001 al 2009, è stato un punto di riferimento per centinaia di non vedenti italiani, una bussola per orientarsi nel mare magnum dell'informatica e delle tecnologie assistive.
È questa, in sintesi, la storia di Mario Palma, un dipendente non vedente del comune di Giugliano, in provincia di Napoli, dove, per stessa ammissione di una dipendente comunale, "si è parecchio indietro per quel che riguarda una corretta cultura di integrazione della disabilità".
Riassumiamo i fatti: Mario Palma, dopo gli studi giuridici, viene assunto dal Comune di Napoli nel 1986 dopo concorso pubblico e viene trasferito a Giugliano nel 1989. Nel 1992 perde definitivamente la vista. Dal 1992 al 2001, Palma fa la trottola da un ufficio all'altro, eseguendo comunque in maniera impeccabile gli ordini di servizio che gli vengono impartiti, come testimoniano i rapporti dei suoi superiori. Dal 2001 in poi, tali ordini di servizio diventano fumosi e difficilmente assolvibili (l'ultimo in ordine di tempo recita: Egli dovrà occuparsi in particolare della "promozione e diffusione della cultura tra i ciechi, nonché predisporre la mappatura dei disabili sul territorio giuglianese") e Palma viene sempre più relegato a mansioni marginali, non gli viene messa a disposizione la strumentazione idonea a svolgere il suo lavoro e non gli vengono date informazioni su concorsi interni per promozioni. L'ultima beffa: Palma segue un corso di riqualificazione di cui dovr à sostenere l'esame a giugno ma, a differenza degli altri suoi colleghi, non gli vengono forniti i test per esercitarsi.

Così, nella forzata inerzia, nel 2001 fonda la rivista PcCiechi, un quindicinale telematico che, come dice il nome, raccoglie le ultime novità in merito a informatica e non vedenti. Più volte Palma cerca di coinvolgere il comune, che tiene sempre informato sulla sua attività pubblicistica, arrivando a offrire all'amministrazione comunale di Giugliano di diventare proprietaria ed editrice della rivista stessa a titolo gratuito. Dopo primi riscontri positivi, col cambio di direzione generale in comune, la cosa si blocca e Mario Palma viene minacciato di procedimenti disciplinari se continuerà a occuparsi della rivista in orario di lavoro. Allora, avvalendosi anche di un consulente sindacale, Palma presenta un progetto articolato all'amministrazione comunale, in cui rientra anche PcCiechi, ma che comprende anche corsi di informatica e inglese per non vedenti, corsi di alfabetizzazione Braille, corsi di cucina e di autonomia domestica, digitalizzazione della biblioteca comun ale, promozione dello sport fra i disabili giuglianesi e istituzione di un centro polivalente. Il progetto non riceve alcuna risposta dal comune e, nel dicembre 2009, un ingegnere che doveva approntare a Palma una postazione informatica che gli permettesse di lavorare alla pari degli altri dipendenti, interviene peggiorando la situazione e rendendo il computer di Palma inservibile, riservandosi di sistemare la cosa in un futuro non meglio specificato.

Come stanno ora le cose? Palma non ha un telefono per comunicare verso l'esterno, non ha accesso alla rete del comune né a internet, dal 28 dicembre non ha un computer e non gli è consentito di lavorare alla rivista PcCiechi. Non si sa bene cosa i superiori vogliano da lui né quali debbano essere le sue attività quotidiane: si era parlato di una rassegna stampa, poi di aggiornare il sito del comune, di telelavoro, ora l'ultima ipotesi è quella dell'organizzazione di un cineforum. Intanto il suo progetto è nel dimenticatoio, c'è in piedi un contenzioso legale al tribunale del lavoro per trattamento discriminatorio nei suoi confronti e il comune ha minacciato un ulteriore provvedimento disciplinare se non si interromperanno le centinaia di fax e mail di solidarietà che Palma sta ricevendo dai non vedenti di tutta Italia.

E il comune di Giugliano come si pronuncia? La direttrice generale, Rossella Grasso, non ha voluto rilasciare dichiarazioni a Redattore Sociale. Il diretto superiore di Palma, Anna Pugliese, ha dichiarato che cercherà di "coinvolgere di più il dottor Palma nelle attività dell'ufficio" e che si occuperà personalmente di "porre rimedio ai problemi informatici verificatisi negli ultimi mesi". Per quanto riguarda PcCiechi, la posizione del comune è che Palma possa continuare la pubblicazione della rivista ma solo al di fuori degli orari di lavoro. Posizione che avrebbe anche una sua ragion d'essere, se il comune spiegasse in dettaglio quale lavoro ci si aspetta da Palma e lo mettesse in condizione di svolgere le mansioni che gli vengono richieste.

Maurizio Molinari 
 
NOSTRO COMMENTO..
Roba da matti, per una volta tanto che si trova un ciecato che vuole lavorare..a Napoli...gliela fanno vedere lunga.
A parte la caterva di mancanze datoriali, che mario potrebbe contestare, risulta miope la scarsa lungimiranza dell'amministrazione nello sfruttare una risorsa pagata e quindi da utilizzare al meglio.
Forse la sua iper attività infastidisce i dormienti..., magari tutto questo trambusto di iniziative potrebbe innescare un'insano coinvolgimento di altri impiegati?
Mario noi non ci vediamo chiaro...

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