domenica 26 ottobre 2008

carcere e disabili

Oggetto: Disabilità dietro le sbarre: un mondo sconosciuto, tra silenzi e barriere [Redattore Sociale]

PressBarriere anno V / n. 742

Disabilità dietro le sbarre: un mondo sconosciuto, tra silenzi e barriere
20-10-2008
Redattore Sociale

Sono 55.960 detenuti in Italia, 175 posti riservati a ''minorati fisici'' e disabili motori. Molti di più i detenuti con disabilità che vivono in celle troppo strette, in istituti pieni di barriere, affidati a piantoni e compagni di cella

ROMA. 55.960: tanti sono i detenuti in Italia rilevati al 7 settembre. 11: tante sono le strutture che dispongono di sezioni attrezzate per detenuti con disabilità motoria (disabili o, nei casi meno gravi, "minorati fisici", come sono tuttora definiti nelle classificazioni ufficiali). 175: tanti sono i posti complessivi di cui queste sezioni dispongono, dio cui però 90 ancora inagibili. Molti di più i detenuti che, per le loro condizioni fisiche, soffrono di un'autonomia limitata e pertanto richiedono un'assistenza particolare. Molti di più, ma quanti di preciso non è dato saperlo, perché "nel nostro Paese non esiste una sistema unitario di raccolta dati sull'indice della malattia in carcere", riferiscono dall'ufficio del Garante dei diritti dei detenuti del Lazio. Della disabilità dietro delle sbarre, dunque, si sa poco e niente, sebbene il fenomeno non sia affatto marginale, né dal punto di vista quantitativo (il numero dei detenuti disabili) né dal punto di vista qualitativo (le difficoltà e i problemi che la disabilità incontra all'interno del carcere). Ma è il concetto stesso di disabilità che, nell'ambito del carcere, deve essere riconsiderato: una banale frattura al menisco, un trauma riportato in una partita di calcetto, una lesione: tutto questo, in carcere, può produrre disabilità, in molti casi anche permanente.

"Spesso passano mesi prima che un detenuto ottenga di essere sottoposto a una risonanza magnetica per verificare il trauma riportato - riferiscono ancora dall'ufficio del garante del Lazio - e ancor più tempo passa prima che riceva la cura di cui ha bisogno, specialmente quando si tratta di un intervento. C'è il caso di un giovane detenuto, che ci è stato segnalato proprio in questi giorno: ha il ginocchio bloccato dal 23 luglio e, a tutt'oggi, non è riuscito ad avere una risonanza. Nel frattempo non riesce a muoversi e forse riporterà danni permanenti. A Frosinone c'è un giovane detenuto a cui una banale lesione si è cicatrizzata, causa la mancanza di cure: oggi ha un quadricipite lungo 40 cm, l'altro 45: e così, per la mancanza di un ortopedico, di ausili e della giusta assistenza, il carcere produce disabilità".

Ma se da un lato il carcere produce disabilità, dall'altra la riceve: la disabilità di chi è malato di HIV o di epatite, o quella di chi ha riportato gravi traumi in seguito a ferite da arma da fuoco. "L'unico modo che abbiamo per conoscere queste situazioni è l'esperienza diretta, il rapporto con i detenuti - spiegano ancora dall'ufficio del garante laziale - Arrivano spesso persone con esiti di eventi traumatici: una dottoressa del Pertini ci ha segnalato il caso di un ragazzo paraplegico ricoverato per decubito e destinato al carcere: un ragazzo che avrebbe bisogno di tutta una serie di ausili - sedia a ruote, cuscino antidecubito ecc. - che il carcere non offre. Nella maggior parte dei casi, l'assistenza a questi detenuti è tutta sulle spalle dei loro compagni. Penso a un uomo poliomielitico ricoverato a Frosinone: ha una gamba più corta dell'altra e un'autonomia molto ridotta. Da solo non riesce neanche a tagliarsi le unghie. Nella quotidianità, dipende completamente dal suo compagno di cella".

E quando l'autonomia è ridotta, le barriere del carcere contribuiscono a ridurla ancora di più: "il carcere è strutturalmente elemento di barriere: pensiamo solo al problema dei bagni: cosa significa una turca per un detenuto con difficoltà motoria? E poi in ca4rcerr mancano gli ausili, manca l'assistenza adeguata, anche nei centri clinici. Essere allettati, in carcere, rappresenta un grande problema: servono tante accortezze,. Per esempio, per evitare il decubito sacrale. Accortezze che il carcere non può offrire. In carcere è frequente vedere le carrozzine rattoppate con le bende". Un altro grande problema riguarda l'accertamento della disabilità: un accertamento già complesso fuori dal carcere. "Per verificare la disabilità di un detenuto passano da uno a tre anni: commissioni da riunire, verbali da compilare, visite specialistiche ecc. Ma riconoscere l'invalidità è indispensabile per fornire gli ausili". C'è poi un'altra grande questione, che riguarda il controllo del dolore: "Conosciamo persone che soffrono forme acute di dolore, che in carcere è ancor più difficile da gestire. Ci sono persone che, all'interno del carcere, sono sottoposte a cicli di chemioterapia, con tutto ciò che ne consegue. Come gestire il dolore in carcere? E' questa un'altra domanda che attende una risposta".

La disabilità dunque pone al carcere una serie di problemi e di domande: "nella nostra regione abbiamo provato a risponder a queste domande, organizzando per esempio un corso di formazione per i piantoni sul tema della malattia e della disabilità. ma può il piantone essere la risposta a un limite fisico? O non sarebbe meglio, di fronte a un grave limite fisico, evitare la detenzione? Ma come è possibile evitarlo, se non esistono strutture alternative, in grado di rispondere alle due esigenze di giustizia e salute?". Sono domande che, almeno per il momento, restano aperte, ma che fanno luce su un problema che vive nell'ombra del carcere e di cui pochi sembrano essere consapevoli, nonostante la sua consistenza: il problema della disabilità".

(cl)

Nostro commento..

Purtroppo non abbiamo commenti al riguardo, un rispettoso silenzio per i disabili che a qualsiasi titolo vivono il carcere, un silenzio non indifferente naturalmente.

bastone bianco


Ciechi e ipovedenti: ecco la storia del bastone bianco
16-10-2008
SuperAbile.it

In occasione della Giornata internazionale, l'Unione italiana dei ciechi e degli ipovedenti racconta la nascita e lo sviluppo di quello che resta il fondamentale strumento di orientamento per le persone con disabilità visiva in tutto il mondo. Da Isacco ai giorni nostri, passando per il ricooscimento istituzionale avvenuto negli anni '30 del XX secolo

ROMA - L'uso del bastone come mezzo di deambulazione e di riconoscimento delle persone cieche si perde nei meandri della storia e del mito. Patriarchi biblici, poeti, musici, filosofi e mendicanti sono stati  "fotografati" con questo oggetto il cui spessore semantico oscilla tra quello di scettro di un'autorità vaticinante e quello di sostegno di una mendicità errante.

La stratificazione storica - da Isacco ai giorni nostri - ha  sedimentato in questo ausilio tiflotecnico, fossile per secoli, una carica simbolica fortemente condizionante. Nel profondo dell'inconscio  sociale ed individuale esso suscita sentimenti che oscillano dal rispetto all'angoscia; è a partire dagli anni trenta del '900 che il bastone bianco si è affermato istituzionalmente nel mondo politico e giuridico come ausilio di mobilità e simbolo di riconoscimento; cioè  non più solo come mezzo per la deambulazione di persone dal cammino incerto, ma prioritariamente come mezzo per l'identificazione e secondariamente per la deambulazione delle persone con grave deficit  visivo.

Questo ausilio sottile e discreto getta una grande e cupa ombra simbolica, che oscura l'aspetto funzionale di riscatto ed affermazione di un'autonomia personale che passa anche come appropriazione di un raggio di mobilità spazialmente determinato. In questa ombra lunga  rientra pure la difficoltà che, in ambito almeno italiano, si ha nel reperire informazioni storiche e tiflodidattiche su questo ausilio.

Storicamente è accertato che il fotografo James Biggs fu il primo, nel 1921, a proporre pubblicamente l'uso del bastone bianco come ausilio per la mobilità delle persone cieche. Biggs gestiva il proprio studio fotografico a Bristol e perdette la vista dopo essere stato investito  da un'automobile. Nella necessità di dover raggiungere il proprio posto di lavoro egli giunse alla conclusione, in base alla propria esperienza, che un bastone verniciato di bianco aumentava notevolmente la visibilità di questo oggetto e gli era più facile attraversare le strade. Egli cercò di sensibilizzare l'opinione pubblica utilizzando i canali di informazione allora disponibili senza però avere alcun riscontro significativo.

Bisognò attendere un decennio per poter registrare una maternità ufficialmente dichiarata e socialmente riconosciuta, con un luogo e una data di nascita: Guillelmine (Guilly) d'Herbemont, Parigi, 7 febbraio 1931. M.lle D'Herbemont (1893-1992), nell'inverno 1931 lanciò una campagna  nazionale di mobilitazione a favore dell'uso del bastone bianco come riconoscimento delle persone cieche in Francia; le istituzioni e l'opinione pubblica accolsero con favore l'iniziativa. Questa campagna ebbe una risonanza internazionale e in brevissimo tempo tutta Europa  si trovò allineata sulla scia tracciata dalla Francia. La campagna fu ripresa immediatamente e con forza dai Lions Club britannici.

Nel maggio dello stesso anno la BBC lanciò una campagna radiofonica affinché il bastone bianco divenisse il simbolo di riconoscimento dei non vedenti di Sua Maestà. Negli stessi anni una campagna simile andava diffondendosi e affermandosi anche negli Stati Uniti e dopo i primi tentativi di utilizzare bastoni neri si passò a quelli bianchi per aumentarne la visibilità. Fino a questo momento il bastone veniva utilizzato facendo affidamento al buon senso; pochi lo usavano con le tecniche che vengono oggi chiamate diagonale e pendolare, i più lo utilizzavano come bastone d'appoggio. Una tragica impennata ed un cambio di rotta fu impresso a questo tema alla fine della seconda guerra mondiale quando gli Stati Uniti dovettero affrontare seriamente la riabilitazione ed il reinserimento sociale dei veterani di guerra.

Il dott. Richard Edwin Hoover (1915-1986) trasformò il bastone bianco in bastone lungo bianco per la mobilità delle persone cieche. In questo modo egli recuperava la primaria funzione del bastone come ausilio per la mobilità autonoma delle persone non vedenti e lo associava al colore bianco che ormai si era affermato (se non consolidato) come simbolo di riconoscimento. Al dott. Hoover si deve la messa a punto di una metodologia e di una tecnica d'uso che rimangono sostanzialmente ancora valide e che sono fatte proprie dai corsi di orientamento e mobilità.

Il Presidente degli Stati Uniti Lyndon B. Johnson il 6 ottobre 1964 firmò la risoluzione del Congresso che istituiva il 15 ottobre come giornata della sicurezza del bastone bianco. In questo modo il bastone bianco entrava di fatto e di diritto nella vita sociale e culturale degli statunitensi e di lì a poco si sarebbe diffusa nel resto del mondo. Venti anni dopo, nel 1984, la World Blind Union ha ufficialmente riconosciuto il bastone bianco come simbolo di riconoscimento per tutte le persone non vedenti del mondo. E l'omino con il bastone ne è diventato il simbolo.

Bill Clinton nel suo discorso annuale del 2000 lo ricordava come strumento di emancipazione, di libertà e di partecipazione attiva e responsabile nella vita sociale, lavorativa e di studio delle persone non vedenti. Più recentemente, la European Blind Union (EBU) ha organizzato nel 2002  la Conferenza Internazionale sulla Mobilità e Trasporto votando, tra altre cose, una risoluzione riguardante la formazione alla mobilità per le persone cieche e ipovedenti. Tale risoluzione afferma che la formazione alla mobilità dovrebbe essere messa a disposizione di tutte le persone cieche e ipovedenti di tutti i gruppi di età e dovrebbe includere le persone con minorazioni aggiuntive.

Sotto la spinta dei vertici delle associazioni di categoria e di un'opinione interna trasversale, il bastone bianco sta riscattando il proprio ruolo di ausilio funzionale ad una maggiore autonomia e  mobilità responsabile come requisito per una partecipazione attiva alla vita familiare, sociale, lavorativa. Seppure lentamente, stiamo assistendo ad uno stemperarsi dell'ombra simbolica entro una progettualità educativa e riabilitativa che mette l'ausilio per la mobilità, e le tecnologie ad esso associate, al centro di un dibattito culturale di più ampio respiro (dalle barriere architettoniche a quelle percettive, dall'accessibilità e fruibilità di spazi e servizi ai percorsi dedicati, ...).

L'Unione Italiana dei Ciechi ha recentemente diramato una circolare il cui oggetto è "Interventi riabilitativi e di integrazione sociale dei  soggetti minorati della vista". Questa lettera richiama  specificatamente un documento a firma del Ministro della Salute il  quale afferma che "sono molteplici le evidenze che mostrano come la disabilita' visiva si può tradurre facilmente in un handicap pluridimensionale che ostacola l'organizzazione autonoma della vita quotidiana e le opportunità di partecipazione alla vita sociale [...] I progetti devono necessariamente inglobare tutti quegli interventi finalizzati a portare il soggetto a muoversi, camminare, parlare, vestirsi, mangiare, comunicare e realizzarsi efficacemente nel proprio ambiente familiare, lavorativo, scolastico e sociale".

L'indirizzo del percorso culturale intrapreso a più livelli sembra condurci verso un approccio multifunzionale in cui lo strumento storico della mobilità, a fianco del cane guida e delle tecnologie,  serve come mezzo per... In questo modo il bastone bianco potrebbe, o dovrebbe, perdere parte  della sua carica simbolica autoreferenziale fine a se stessa per divenire quello che Koyrè definisce la caratteristica di un autentico ausilio ossia il fatto di essere un prolungamento del cervello.

Nostro commento..

Ma va! Il bastone bianco è così utile! Purtroppo Talpa li distrugge tutti i bastoni, ne compraquattro al mese. Ogni tanto si dimentica del suo peso e ci si appoggia mentre aspetta di attraversare la strada, il bastone si schianta sotto i suoi 130 kg. (ultima pesata a ferragosto). Pipistrello lo dimentica sempre al bar, oppure in autobus, quindi ha deciso di fare finta  di vederci e quindi va in giro senza. Fanale lo usa solo di sera, quindi lo hanno già ricoverato spesso come vagabondo, in quanto vedendoci ancora un po’, non capiscono perché uno con gli occhiali vada in giro con il bastone per ciechi.

sabato 25 ottobre 2008

scuola..


SCUOLA. Unione italiana ciechi contro ogni discriminazione
16-10-2008
Vita non profit online

Un comunicato dell'Associazione

ROMA. La Direzione nazionale dell'Unione italiana dei ciechi e degli ipovedenti, riunita il 16 ottobre, vista la mozione presentata alla Camera dall'onorevole Cota ed altri, ritiene di dover manifestare il proprio dissenso da un atto tanto discriminatorio, che colpisce ora gli alunni stranieri, ma che, così continuando, potrebbe anche colpire altri alunni della nostra scuola e, in particolare, gli alunni con disabilità.
Già la scuola aveva subito un trattamento decisamente negativo da parte del Governo. I tagli effettuati dal Governo Berlusconi sulla scuola con la manovra finanziaria (legge 130/2008) sono pesantissimi: 8 miliardi di euro in tre anni, 87.400 docenti e 47.00 ATA. Si tratta di tagli che non rispondono ad una doverosa logica di razionalizzazione e di miglioramento dell'efficienza e dell'efficacia della spesa pubblica, ma determinano vere e proprie destrutturazioni dell'ordinamento scolastico nazionale.
In base alla legge e alle affermazioni del Ministro Gelmini, non dovrebbero essere ridotti gli insegnanti di sostegno per i ragazzi disabili, ma non sappiamo se questo vorrà o potrà essere mantenuto.
I tagli operati nel tempo scuola nuocciono alla didattica in tutte le sue forme.
Probabilmente provvedimenti come quello auspicato dalla mozione Cota riconducono la nostra scuola a ritroso di diversi decenni.
È indispensabile che il Parlamento riveda integralmente tutto il problema ed elabori una norma che preveda l'inclusione di tutti gli alunni, escluda qualsiasi forma di discriminazione e sviluppi, attuandoli, quei principi per i quali la scuola italiana aveva trovato tanti apprezzamenti in Europa.
I ciechi italiani attendono norme che ridiano serenità agli alunni con disabilità visiva ed ai loro genitori e che concedano alla scuola risorse sufficienti affinché possa svolgere la propria attività in maniera costruttiva e con piena soddisfazione di tutti gli interessati.

NOSTRO COMMENTO..

Ogni tanto il nostro boss batte un colpo. In ogni caso se aggiungiamo alla mancata integrazione dei disabili nella scuola, o meglio alla difficoltà di una piena integrazione, le classi separate  per gli studenti stranieri ci possiamo sparare! Pensate poi se un alunno è: cieco o  ipovedente e,  magari anche di colore e non parla perfettamente bresciano o siciliano a seconda della regione, magari non supera poi l’esame di ammissione che fa? Niente continua a parlare inglese, visto che la maggior parte dei bimbi stranieri che approdano in italia  magari parlano benissimo l’inglese o il francese.

 

mercoledì 22 ottobre 2008

vocaziooni religiose

16-10-2008
Superando.it

(a cura di Gaia Valmarin*)

Come in tante altre situazioni, anche la scelta di abbracciare una vita consacrata a Dio un tempo era quasi impossibile per chi aveva un handicap. Poi fu San Luigi Orione a fondare l'Ordine delle Suore Sacramentine Adoratrici Non Vedenti, alcune delle quali hanno risposto alle nostre domande, per far conoscere meglio il loro percorso

TORTONA. Le persone disabili negli ultimi anni si stanno faticosamente inserendo in ruoli della società che fino a poco tempo fa parevano impossibili da ricoprire se eri portatore di un deficit. Così ora non è raro incontrare persone con disabilità che studiano all'università, lavorano o si fanno una famiglia.
Anche la scelta di abbracciare una vita consacrata a Dio, un tempo era quasi impossibile per chi aveva un handicap. Nei primi del Novecento, ad esempio, tante giovani non vedenti desideravano consacrare la loro vita al Signore, ma incontravano solo ostacoli e porte chiuse al loro accesso alla vita consacrata.
Le istituzioni della Chiesa si domandavano se la richiesta delle postulanti fosse nata da un'autentica vocazione, oppure se fosse vissuta come "un impiego" rispetto ad una vita senza sbocchi. Negli anni Venti del Novecento, poi, la malattia era ancora considerata come un "castigo divino".

Fu San Luigi Orione ad aprire la possibilità di diventare suore ad un gruppo di donne cieche, fondando l'ordine delle Sacramentine Adoratrici non vedenti.
Le Suore Sacramentine vivono in comunità e trovano aiuto attraverso alcune consorelle appartenenti alle Piccole Suore Missionarie della Carità (vedenti) cui appartiene per tradizione la madre superiora. Ma l'abitudine, la consuetudine ai gesti e ai luoghi rende la loro opera quasi completamente autonoma.

La madre superiora e le suore di Tortona (Alessandria) hanno gentilmente risposto ad alcune nostre domande per farci conoscere meglio il loro percorso.

Qual'è il percorso che compiono le donne per conoscere e incontrare il vostro ordine?
«Le Suore Sacramentine Non Vedenti (dal 1927) sono un ramo della famiglia religiosa fondata da San Luigi Orione (1872-1940). La Congregazione Orionina, con il nome di "Piccola Opera della Divina Provvidenza" è presente in circa trenta nazioni, nei vari Continenti. Il carisma dell'Opera (sacerdoti, suore e movimento laicale) è quello di portare al Signore i fratelli più umili e bisognosi mediante lo stile della carità cristiana. Le Suore Sacramentine sono presenti in Italia, Argentina, Spagna, Brasile, Kenya e Cile.
Il percorso che le donne compiono per conoscere e incontrare le Suore Non Vedenti passa attraverso le opere di fede e carità espresse dagli Orionini nel mondo, secondo i bisogni dei Paesi e dei tempi».

Da quale esperienza di vita provengono le vostre suore?
«In passato prevalentemente le vocazioni religiose maturavano nelle scuole e negli istituti per ciechi. In seguito le suore giunsero o dalla sola esperienza familiare o dopo qualche anno di inserimento nel lavoro, in particolare per le persone non cieche dalla nascita».

Come è organizzata la vostra quotidianità e come si riesce ad organizzare una comunità dove la maggioranza delle persone è non vedente?
«Nelle ore libere dalla preghiera - ritmata secondo lo stile monastico - le Sacramentine si occupano dei più svariati lavori, secondo le capacità e le attitudini personali di ciascuna. La comunità sviluppa un piccolo settore di lavoro artigianale che comprende corone del rosario, composizioni floreali con perline, maglieria, uncinetto ecc.».

Perché si è sentita la necessità di creare un ordine dedicato proprio a consacrare le non vedenti?
«Fin dalle origini, tante giovani non vedenti, pur desiderandolo ardentemente, trovavano preclusa la strada della vita religiosa. L'anima eucaristica e contemplativa di Don Orione, con gesto veramente squisito, diede inizio al ramo delle Sacramentine cieche».

Quali sono i vostri rapporti con il territorio e le persone esterne al convento?
«Per favorire l'adorazione e la contemplazione, le Suore fanno vita ritirata e tuttavia accolgono con gioia e carità quanti a loro si avvicinano. Accettano quindi gruppi di preghiera, visitatori prenotati e occasionali, organizzano incontri mensili di cultura religiosa e annualmente "La Festa della Luce", con grande concorso di popolo. Inoltre, con il metodo di scrittura Braille, Ballù, dattilografico e computerizzato (internet con posta elettronica), realizzano un'interessante corrispondenza con la gente, comunicando speranza».

Quale posto sentite di occupare all'interno della chiesa?
«Compito particolare delle Suore Sacramentine è quello di personificare la Preghiera di adorazione, ringraziamento e impetrazione, sostenendo l'apostolato dei Figli della Divina Provvidenza e della Chiesa nel mondo».
Gli interessati ad un approfondimento possono visitare la pagina dedicata alle Suore Sacramentine all'interno del sito internet della Piccole Suore Missionarie della Carità di Don Orione, cliccando qui.

*Componente del Coordinamento del Gruppo Donne UILDM (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare). Testo già apparso all'interno del sito dedicato a tale Gruppo e qui riprodotto per gentile concessione.

***

Il Gruppo Donne UILDM
È certamente una delle esperienze oggi più vive e interessanti - nel campo della documentazione riguardante la disabilità - quella avviata nel 1998 dal Gruppo Donne UILDM (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare), costituitosi allora, in modo informale, in occasione delle Manifestazioni Nazionali di Palermo dell'Associazione.

I suoi obiettivi originari erano da una parte quello di raggiungere le pari opportunità per le donne con disabilità, attraverso una maggiore consapevolezza di sé e dei propri diritti, dall'altra cogliere la "diversità nella diversità", riconoscendo la specificità della situazione delle donne disabili.

Poi, nel corso degli anni, il Gruppo ha cambiato in parte il proprio ambito d'interesse, oltre a non essere più composto da sole donne e a non occuparsi esclusivamente di questioni femminili. La stessa disabilità è diventata uno dei tanti elementi in un percorso di integrazione e di apertura su più fronti.

Quest'anno, per festeggiare il suo decimo "compleanno", il Coordinamento del Gruppo Donne (composto da Francesca Arcadu, Annalisa Benedetti, Oriana Fioccone, Simona Lancioni, Anna Petrone, Gaia Valmarin e Marina Voudouri) ha deciso di investire di più in informazione e in documentazione, recuperando i suoi obiettivi originari, senza rinunciare all'apertura quale tratto distintivo. E così - come in un laboratorio - è iniziato un lavoro finalizzato a organizzare e rendere fruibili, attraverso il proprio spazio internet, le informazioni che circolano all'interno del Coordinamento stesso. Il risultato di questi sforzi è raccolto nella sezione Altri documenti d'interesse, comprendente interessanti dossier su temi quali la gravidanza, l'invecchiamento, le donne e la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, la discriminazione in ambito sanitario e altri ancora.
Particolarmente significativa anche la sezione Donne e disabilità nel cinema, ove, come spiega Annalisa Benedetti, «sono elencati quei film che, secondo noi, attraverso storie vere piuttosto che puramente inventate, hanno messo "in movimento" pensiero e anima di donne speciali, suddivisi nelle seguenti aree tematiche: disabilità fisica, disabilità sensoriale, disagio psichico».
Da ricordare, infine, un altro dei principali canali attraverso i quali si è incentrata in questi anni l'attività del Gruppo Donne UILDM, vale a dire la promozione di eventi seminariali i quali hanno dato vita ad altrettante pubblicazioni, tenute insieme nella collana denominata Donne e disabilità.
Tutti i testi prodotti dal Gruppo Donne UILDM (compresi quelli appartenenti alla collana Donne e disabilità) sono disponibili all'interno del sito http://www.uildm.org/ ed esattamente nella sezione che si raggiunge cliccando qui.

 

Nostro commento..

A parte che non si capisce perché si debba creare un ordine di suore non vedenti. Non si potrebbe integrare la vocazione di donne e uomini con difetti visivi in un ordine normale?

Non ci risultache Gesù fosse pregiudizievole. Comunque non proseguiamo nell’argomento deilicato, la libertà di religione è sacrosanta, poi noi rischiamo già le fiamme da molto, non aggraviamo la situazione.

quinto senso...l'umorismo

14-10-2008
Corriere del Trentino

«I ciechi non sognano il buio» Storie vere narrate da Marcantoni

di Ugo Morelli

TRENTO. Le storie, una dopo l'altra, ti prendono per mano e ti portano in un mondo che non prevedevi, un mondo che non avevi immaginato così e da cui avevi cercato di stare lontano con la mente e col cuore. Sono tante le esperienze di vita raccontate dai diretti protagonisti nel libro di Mauro Marcantoni, appena pubblicato dall'editore Franco Angeli, I ciechi non sognano il buio. Si tratta di una ottantina di storie di vita di persone non vedenti, alcune dalla nascita, altre divenute cieche nel corso della vita. A contraddistinguere le esperienze delle persone intervistate è la progettualità e una vita da protagonisti in settori molto diversi del lavoro e della società. I settori vanno dall'amministrazione pubblica alla formazione, dall'arte allo sport e le esperienze dei protagonisti sono di grande responsabilità con attività professionali originali, innovative e foriere di emancipazione per chi le pratica. La densità esperienziale è il filo rosso delle storie. La scioltezza e la voglia di esserci ed esprimere vitalità fanno venire in mente ad ogni pagina un verso del poeta russo Boris Pasternak, l'autore de Il dottor Zivago: «La vita trabocca sempre dall'orlo di ogni tazza».
Le narrazioni dei protagonisti mandano in crisi i nostri stereotipi e i nostri pregiudizi.
Ogni storia trova una via per destabilizzare convinzioni molto consolidate e collocarci in uno stato di difficoltà. Scopriamo così anche in noi una forma particolare di «cecità», quella che ci prende ogni volta che le nostre convinzioni, tanto più se consolidate nel tempo, ci mettono in condizione di «non vedere di non vedere». E che cosa non vediamo di non vedere di fronte all'esperienza di un cieco? In primo luogo, ci fa capire Marcantoni nell'ampia introduzione al libro, non ci accorgiamo che è prima di tutto a noi che manca lo sguardo del cieco. In questo modo siamo costretti ad una privazione che ci induce a guardarci dentro e a considerare aspetti di noi che diversamente non avremmo considerato. Esiste oggi un'ampia giustificazione scientifica di questa importante intuizione. La scoperta dei neuroni specchio, di quelle cellule cerebrali cioè che stanno alla base della nostra empatia e risonanza con gli altri, della possibilità di sentire, in fondo, quello che l'altro sente, ci fa comprendere che ognuno di noi si individua e definisce nelle relazioni con gli altri. È in quelle relazioni che ogni persona definisce le proprie sensazioni ed emozioni e il proprio senso del mondo. Ecco che la relazione con una persona non vedente ci pone immediatamente di fronte ad una diversa risonanza e ad una diversa empatia, in cui chi non vede ha a disposizione molte possibilità in più rispetto a noi. Come sarebbe molte possibilità in più? Proprio così: sono quelle possibilità che il cieco ha messo a punto in termini di adattamento plastico ed evolutivo per vivere un diverso o nuovo equilibrio nella sua specifica condizione. Siamo noi e soprattutto noi ad essere spiazzati. Noi che a lungo abbiamo pensato e tuttora pensiamo che una persona a cui manchi l'uso di uno dei sensi sia uno normale meno quel senso mancante.
Dal libro di Marcantoni scopriamo che le cose non stanno così. Troviamo perciò una conferma di quanto studiato e riconosciuto molti anni fa da uno dei più grandi esponenti della scuola psicologica della Russia sovietica, una delle tante straordinarie intelligenze vittime di Stalin: Lev Vigotskij. Nei suoi studi sul rapporto tra pensiero e linguaggio e sulla psicologia dello sviluppo umano Vigotskij aveva scoperto che ogni portatore di un deficit, in quanto essere vivente, non è una persona cosiddetta normale meno quel deficit, bensì una persona che ha equilibrato una propria completezza integrando le proprie risorse disponibili nella relazione con gli altri e con l'ambiente. I quattro sensi disponibili ad un non vedente si evolvono in funzione di questa sua condizione per dare vita ad una esperienza che ha limiti diversi dai limiti che ogni esperienza umana ha, ma ha possibilità altrettanto diverse che possono essere espresse in una vita compiuta. Marcantoni ci propone così un attraversamento della nostra esperienza di vita e ci pone di fronte alle nostre modalità di vivere la differenza: la differenza dei limiti e delle possibilità. Il libro amplia lo spazio del possibile, non solo per i protagonisti che vi raccontano la propria storia, ma per l'intera definizione del senso e del significato del nostro esserci nel mondo. Se la vita è differenza che genera differenza, quella che ci raggiunge dalle pagine del libro ne estende il valore e ne esalta le possibilità.
Esperienze
Il libro appena pubblicato edito da Franco Angeli raccoglie 80 racconti di persone non vedenti I protagonisti

Nostro commento..

Sicuramente è un libro interessante.             Però a volte la facciamo tanto lunga, noi suggeriamo ai nostri amici dotati di senso della vista e anche dell’umorismo, che è il quinto senso, che quando hanno a che fare con un cieco possono mettersi le dita nel naso, tanto non li vediamo.

 

almodovar


Almodovar sul set guidato da un cieco
13-10-2008
Il Mattino

MADRID. È un cieco a guidare Pedro Almodóvar (nella foto) nell'ultimo film, «Los abrazoz rotos», del quale il regista manchego sta completando il montaggio. Uno dei personaggi della storia, infatti, è Lluis Homar, nella vita reale regista teatrale, fondatore del Teatro Llure. Nel film interpreta un regista che perde la vista in un incidente e che, mosso dalla disperazione, comincia a inventare storie. A fargli da guida, sul set, è stato Javier del Hoyo, ex impiegato, che quattro anni fa perse la vista. Nel suo diario in Internet, Almodovar spiega che una delle sequenze del suo thriller passionale, che ruota intorno a Homar, si svolge in un ristorante in cui i clienti mangiano al buio. «L'idea è scaturita dalle lunghe ore di oscurità trascorse in solitudine, dovute alla mia emicrania. Durante mesi - ricorda - disponevo solo di dolore, oscurità e immaginazione». Così nacque il personaggio interpretato da Homar, che Almodovar compara al protagonista del romanzo di Paul Auster, «Un uomo nell'oscurità» che, immobilizzato al letto a causa di un incidente, per lottare contro l'insonnia e la solitudine, reinventa la storia degli Stati Uniti.

 

Nostro commento..

Mizzica, andiamo proprio di moda,cene al  buio? Già fatte e rifatte! Film con accecati? Già fatto e strafatto, vedi Gasman!Comunque noi al buio dormiamo e se dovessimo riscrivere la storia d’Italia, sicuramente elimineremmo..vi piacerebbe saperlo he?Caro Almo con al buio sentiresti solo russare, buonanotte.

lavoro..

Oggetto: Il centralinista cieco a Brunetta «Per un guasto sono fannullone» [Corriere del Veneto]

Storia di Massimo che lavora alla Motorizzazione civile di Treviso «Mesi fa si è rotto il centralino, nessuno lo ripara ma mi pagano lo stesso»

TREVISO - Appena entri in casa, senti un campanellino leggero. È quello di Laal, una gattina dal nome indiano che si traduce in «Amata». Lei ti vede e ti viene incontro. Lui invece arriva un attimo dopo. E per stringerti la mano tentenna un po'. Poi ti trova.
«Buongiorno». Siamo al quarto piano di via Pescatori, in pieno centro a Treviso. Qui vive Massimo Vettoretti, 29 anni, centralinista alla Motorizzazione Civile. Cieco dalla nascita, il giovane ha deciso di raccontare la sua rabbia. «Da mesi non faccio nulla. Il centralino si è rotto e nessuno lo ha più riparato. È un oltraggio». Massimo soffre dalla nascita di una malattia, l'amaurosi congenita di Leber. «Vedo a malapena la differenza tra luce e buio ». Originario di Valdobbiadene, dal 2005 si è trasferito in centro a Treviso. A novembre dello scorso anno è riuscito a firmare un contratto a tempo indeterminato con l'ente ministeriale di via Castellana. Un posto ottenuto grazie ad un apposito albo dei centralinisti non vedenti. Un posto da poco meno di 1.200 euro netti al mese che molti suoi coetanei invidiano. Ma che per lui si è trasformato in un inferno. Da maggio, infatti, il centralino si è rotto. Massimo non deve più decentrare le chiamate. Non deve più far niente. «Ogni giorno vado lo stesso a lavorare», spiega. Ghermisce una sigaretta dal pacchetto. «Accendo il computer. Mi collego ad internet. E resto lì, a farmi i fatti miei».
Massimo ha deciso di scrivere ai dirigenti. Spiegando che lui, di fare il fannullone, non ne ha proprio voglia. Sono arrivate risposte vaghe.
«Ma io so quale è il vero problema. Riparare il centralino non è conveniente. Ne servirebbe uno nuovo, che costa sui 13.000 euro. Ma nessuno si muove. E così ogni giorno devo andare in quello sgabuzzino. Senza luce e finestre. A non far nulla ».
Dopo tanti tentennamenti, Massimo ha deciso di raccontare la sua storia. Un po' nella speranza che qualcosa cambi. Un po' per dare voce alle 1.350 persone che in provincia di Treviso (circa 10 mila in Veneto) hanno il sussidio di invalidità perché ipovedenti o cieche. Per loro, non mancano gli aiuti dalla tecnologia. Coincidenza, proprio ieri pomeriggio in piazza Indipendenza, a Treviso, è stato presentato Kurzweil Mobile, un'applicazione tecnologica che consente alle persone cieche di leggere tutti i testi a stampa mediante lo scatto di una foto con il telefonino. Piccoli aiuti, anche se ogni movimento rimane complesso.
Massimo mostra un po' del suo micromondo portandoci nel suo studio. C'è una chitarra, un mixerino e una pianola. «Mi piace suonare». Avvia il computer. Schermo nero e nessun mouse. «Mi arrangio con la tastiera normale e con quella braille ». Da un microfono escono 140-160 parole al minuto: incomprensibili. «Il computer mi dice quello che c'è scritto. Va così veloce per non farmi perdere tempo». Apre qualche sito internet. Ci sono quelli più leggibili e quelli inondati di grafica indecifrabile. Sul suo, di sito www.vettoretti.net - tutto è più semplice. Parole e parole. E poi ecco skype e tutto il resto. I quaranta caratteri della tastiera braille saltano dentro e fuori come impazziti. E lo sc


hermo è sempre nero. Intanto, Massimo ci racconta dei suoi progetti. Di quando insegna informatica. Del corso di laurea in psicologia che da poco ha iniziato. Laal ogni tanto scampanella. Ma ecco: il buio la inghiotte di nuovo. E della fatica del vivere.
Perché, anche se è vero che lui ha una pensione di invalidità da settecento euro, i costi sono pur sempre alti. L'appartamento, in centro: seicento euro al mese. E per andare al lavoro - sono tre chilometri - è costretto a spendere almeno trecento euro di taxi. «Mi fanno lo sconto. Ma non posso farne a meno. All'andata, cammino solo su un lato e non ho problemi. Ma il ritorno devo attraversare. E la gente muore sulla Castellana. Figurarsi io che non ci vedo».
Se piove, è ancora peggio. E se poi si arriva a lavoro e per cinque, lunghissimi mesi ti lasciano lì a non far niente, allora la desolazione diventa rabbia. «Io chiedo solo di poter lavorare. Lo sappia il ministro Brunetta. Mi costringono a non far niente tutto il giorno. Con la gente che chiama al centralino e non ottiene risposta. È un insulto. Peggio: un oltraggio».

Mauro Pigozzo

 

NOSTRO COMMENTO..

Cosa ci tocca sentire, qualcuno che si lamenta per la mancanza di lavoro!

Probabilmente Brunetta è giapponese, infatti in giappone non si licenzia, si sottrae lavoro  e dignità al dipendente, costringendolo a licenziarsi.

Ma volevamo dire, che tutti hanno un gatto con il sonaglio, sempre un po’ fastidioso  questo taglio pietistico. Rimane da chiedersi dove cavolo stanno i dirigenti dell’unione italiana ciechi? Non possono intervenire per fare il loro lavoro?


In ogni caso stiamo cercando Talpa e Pipistrello  perché non vogliono che passi il messaggio che tutti i centralinisti vogliono lavorare,stai attento Massimo che quei due se ti trovano corri il rischio di essere convinto a non fare un cacchio.. 

mercoledì 15 ottobre 2008

TUTTI COMUNISTI..

Scuola, gli esperti se ne vanno. Andrea Canevaro e Dario Ianes: "Ecco le nostre dimissioni"
14-10-2008
SuperAbile.it

I due pedagogisti si dimettono dall'Osservatorio sull'Integrazione scolastica del Ministero della Pubblica Istruzione inviando al ministro Gelmini una lettera polemica sulle politiche scolastiche attuate dal governo in carica. Ecco il testo integrale del loro intervento...

ROMA - Ecco il testo della lettera con la quale Andrea Canevaro e Dario Ianes- due tra i piu' noti componenti dell'Osservatorio per l'integrazione scolastica del ministero dell'Istruzione- hanno rassegnato le dimissioni

Questa nuova politica scolastica fatta di tagli, economie presunte, annunci e smentite, rigore, disciplina, ordine, divise, autorità, voto in condotta, bocciature, selezione produce in tutti ulteriore insicurezza, diffidenza e conflitti. Queste politiche scolastiche sono evidentemente gestite da finalità economicistiche, per risparmiare: ma questo avverrà sulle spalle delle famiglie, sulla pelle degli alunni e sulla credibilità della Scuola pubblica, come la vuole la nostra Costituzione.
In questo clima di "produzione sociale di ostilità, diffidenza, tensione", anche la Pedagogia subisce un violento attacco.Nel clima di rinnovato rigore scolastico, chi viene additato come responsabile dello sfascio, oltre naturalmente ai fannulloni? L'ideologo dei fannulloni e dei lassisti: il pedagogista, il pedagogista di Stato, la pedagogia, il pedagogese... Chi perdonava tutto, chi non ha polso, chi comprende tutto invece di punire, chi non ha le palle per imporsi, chi ci affumica con discorsi fumosi pseudofilosofici, chi non dava importanza alle discipline, il pedagogista debole, che ha indebolito la Scuola Italiana, ecc.
Ecco, a questo clima di strisciante, ma non troppo, denigrazione, come pedagogisti non ci stiamo. E non ci stiamo neppure ad essere membri di un Osservatorio per l'integrazione Scolastica degli alunni con disabilità di un Ministero della Pubblica Istruzione che si comporta nei fatti come stiamo vedendo, e come risulterà ancora più evidente nei prossimi mesi. Forse la Ministra Gelmini sta cercando una nuova squadra di esperti che legittimi la sua visione (?) dell'integrazione? Non sarà facile trovarli tra i pedagogisti speciali, se sapranno leggere tra le righe della sua dichiarazione in occasione della sua audizione alla Camera: "E' nello stesso spirito, nello spirito di una scuola che sia realmente per tutti, che affermo il diritto all'istruzione di chi presenta abilità diverse. Gli obiettivi didattici, le metodologie e gli strumenti devono essere personalizzati e coerenti con le abilità di ciascuno per definire i livelli di apprendimento attesi. Molte sono le buone pratiche costruite su competenza, professionalità, disponibilità e impegno delle diverse componenti scolastiche, dagli insegnanti di sostegno agli insegnanti curricolari, dai dirigenti scolastici alle associazioni. Occorre far tesoro dall'esperienza. Il mio impegno è indirizzato ad ascoltare le esigenze, le criticità, le proposte delle famiglie e di tutte quelle realtà associative che si occupano di disabilità al fine di individuare insieme anche percorsi formativi più adeguati al bisogno con la necessaria flessibilità, superando le rigidità che non sono coerenti con l'azione educativa".
Con queste righe ci dimettiamo dunque dall'Osservatorio per l'integrazione scolastica del Ministero della Pubblica Istruzione e confermiamo il nostro continuo impegno per migliorare la Qualità dell'inclusione degli alunni con Bisogni Educativi Speciali.


genitori tosti..

 

Nostro commento in fondo…Lettera di genitori di disabili a Silvio Berlusconi
13-10-2008
CasertaNews

CASERTA.
"Gentilissimo Presidente, siamo il gruppo genitori TOSTI IN TUTTI I POSTI.

Abbiamo figli disabili. Le scriviamo per sottoporle alcune questioni inerenti la vita accanto ai nostri figli: la vita che viviamo è una vita spesso parallela al mondo normodotato, non meno gratificante ma sicuramente molto più impegnativa in tutti i campi, la scuola, il lavoro, la sanità e, perché no, il tempo libero .
Il Governo da Lei presieduto sta preparando modifiche varie nell'ambito delle Politiche Sociali e per la Famiglia, alcune condivisibili altre meno.
Lei non avendo figli disabili certamente non può sapere che, quando nasce un figlio con handicap di origine genetica, metabolica, per trauma da parto o quando accade qualcosa nella primissima infanzia che rende il figlio disabile, i genitori vengono lasciati soli con le loro domande, cui nessuno dà risposte, se non quelle che tolgono la voglia di vivere: "suo figlio non farà mai nulla da solo", "sarà un vegetale per sempre" sono due esempi di quanto una mamma si sente dire dopo avere cullato dentro di sé, per nove mesi, la creatura cui ha voluto, insieme al suo compagno di vita, dare la vita.
"Signora si rassegni, si dedichi di più al lavoro così si distrae." sì. bella distrazione il lavoro. ma a parte questo, quante madri l'hanno dovuto lasciare per occuparsi a tempo pieno del figlio disabile?
Per riuscire a fare modifiche eque e non discriminatorie che possano permettere vere pari opportunità anche a noi, sarebbe necessario conoscere molto bene la materia, perché, Presidente, la disabilità e l'handicap, che al profano suonano come sinonimi, sono invece realtà che possono avere differenze notevoli e l'attenzione può solo esservi dedicata da chi conosce bene l'argomento.
Non ci risulta che il Ministro Brunetta abbia un figlio disabile o con handicap così come neppure il Ministro Carfagna delle pari opportunità, o il Ministro Meloni per la gioventù (anche le persone disabili o con handicap vivono l'infanzia e l'adolescenza ) o il Ministro Sacconi alle politiche sociali e alla sanità, (ci sarebbe piaciuto un Ministro SOLO per le problematiche sanitarie), o il Ministro Gelmini per la scuola: nel loro vagare per ottimizzare i servizi stanno invece creando ulteriori problematiche alle nostre famiglie, tagliando le risorse su chi ne avrebbe maggior bisogno. E ci viene da pensare che questi nostri figli non siano uguali di fronte alla legge come vorrebbe (ancora esiste) la nostra Costituzione. Ci viene da pensare che ci sia un mondo a parte, il nostro, dove i diversi sono diversi e tali devono restare. quale sia il fine, a parte il risparmio che si potrebbe ben ottenere tagliando su altre spese inutili, non ci è dato sapere.
Ci vogliono persone che vivono quotidianamente la disabilità e l'handicap per progettare e avere norme eque e giuste; noi non abbiamo tempo per dedicarci alla politica, molti di noi sarebbero certamente all'altezza, ma sarebbe come rubare del tempo ai nostri figli e questo non possiamo permettercelo, ma potremmo diventare consiglieri e segnalare quanto - e ci creda, è veramente troppo - non funziona in questo nostro Paese per chi si trova a vivere fuori da quello che si dice "contesto sociale" e non certo per propria responsabilità..

Le competenze, Lei ci insegna Presidente, sono alla base di ogni progetto che abbia credibilità ed efficacia, ma le competenze si acquistano sul campo.
Sono molti i motivi che ci spingono a scriverle, tra questi il mancato rifinanziamento di tutte le leggi a favore delle persone disabili o con handicap:
-legge 13/89 sull'abbattimento delle barriere architettoniche; -legge 104/92 legge quadro per l'handicap; -legge 162/98 assistenza alla disabilità gravissima e vita indipendente; -legge 328/2000 legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali Come possono riuscire le Regione, le Province e i Comuni a far fronte agli impegni economici?

Vi sono poi:
L'assoluta totale mancanza di Centri riabilitativi, Asl o convenzionati, che abbiano un senso, specie per i bambini (sentirà presto parlare di un caso eclatante in tal senso).
L'assegnazione degli insegnanti di sostegno, simile più a un terno al Lotto che non a un serio DIRITTO ALLO STUDIO. E nella fatica di lottare per l'assegnazione di un numero adeguato di ore di sostegno, si perde di vista la qualità dello stesso, per l'alunno disabile, diventa più occasione di parcheggio (magari un bellissimo parcheggio, ma pur sempre tale) che di luogo dove si apprende. L'istruzione, lo studio, un serio percorso scolastico , sono riservati ai normodotati.
La Sanità sia in fase diagnostica,( le malattie rare, sempre più in aumento non vengono diagnosticate in tempo, e per molte di esse si potrebbe fare) che prognostica, è assolutamente carente: e i bambini muoiono nella più assoluta indifferenza lasciando nelle loro famiglie un segno indelebile.
Ma parliamo anche di tutte le altre cose di cui sono defraudati i nostri figli ad esempio la riabilitazione: le due ore di fisioterapia settimanale (previa lista di attesa) e l'oretta di logopedia ogni tanto è assolutamente patetica; spendiamo tanto tempo nella battaglia per ottenere il sostegno, e altre piacevolezze, che rimane ben poco tempo per dar loro la possibilità di viversi l'infanzia, l'adolescenza e l'età adulta. e così continua il mondo parallelo della loro vita speciale, in cui non c'è un parco giochi attrezzato anche per loro, i marciapiedi magari sono accessibili però in mezzo ci mettono delle fioriere (caro Presidente, ci creda, si è visto anche questo) così non si passa. potremmo fare milioni di altri esempi, ma le basti sapere che più avanti si va e più difficile diventa per loro e per noi far parte di quel famoso "contesto sociale" di cui noi stessi cominciamo ad avere soltanto un vago ricordo.
Ed ecco che, per quei genitori che ancora hanno la possibilità di "distrarsi" andando al lavoro, i risicati giorni di permesso per l'assistenza di un figlio disabile grave nel vuoto totale di strutture e di possibilità accettabili di assistenza, vengono penalizzati perché "c'è chi potrebbe approfittarne per farsi una settimana di ferie in più".
Altro che ferie. noi ai nostri figli dedichiamo anche le notti. E siamo felici di farlo. Ma sarà giusto essere penalizzati anche per questo?
Presidente, dopo tutto ciò
Chiediamo Il rifinanziamento delle leggi sopraindicate, e di essere ricevuti nei suoi uffici per farle conoscere i nostri figli e spiegarle a voce ciò che Lei neppure può immaginare, senza polemica ma con determinazione, perchè la civiltà di uno Stato si giudica dall'eguaglianza tra i cittadini e noi famiglie con l'handicap non ci sentiamo assolutamente trattati alla pari.

Il gruppo di genitori TOSTI IN TUTTI I POSTI

NOSTRO COMMENTO

Cribbio!!


Ci consenta cavaliere scenda in campo non solo per il milan non si lamenti se diventeranno dei comunisti tosti da grandi vi faremo il mazzo a tutti i costi…....

record fasulli

Oggetto: Record: pilota auto non vedente tocca i 308 km/h [Virgilio Notizie]

Record: pilota auto non vedente tocca i 308 km/h
11-10-2008
Virgilio Notizie

Luc Costermans batte primato ciechi su Lamborghini a Istres

ISTRES (FRANCIA), 11 OTT - Un belga di 43 anni, Luc Costermans, ha battuto il record mondiale di velocita' per guidatori ciechi.Ha toccato con una Lamborghini Gallardo i 308,780 km/h sulla pista della base aerea di Istres, nel sud-est della Francia. Costermans, che vive dal 1989 in Francia ed ha perduto la vista quattro anni fa, si e' detto felicissimo e ha ringraziato il suo copilota, Guillaume Roman, l'aviazione militare e la societa' che gli ha messo a disposizione la Lamborghini.

NOSTRO COMMENTO..

Ma che cavolo di recordè? Noi ne battiamo di record giornalmente..Talpa quando ha un’attacco di colite fulminante ha percorso la distanza che lo separava dal water superando la barriera del suono, in poche parole è arrivato prima lui che l’aria che ha emesso nell’accellerazione!Pipistrello ha raggiunto i  600km all’ora peer sfruttare un buono sconto di un euro al supermercatodue minuti prima della scadenza del buono. Fanale invece per evitare un tram durante un attraversamento con il rosso si è accelerato diventando un quark per alcuni secondi infatti il superaccelleratorei svizzera ha avuto delle interferenze..quindi caro Costermans ritirati!

lunedì 13 ottobre 2008

cani guida e Islam..

 


NOSTRO COMMENTO IN FONDO

Oggetto: I: Islam, Gb: Moschea con sale d'attesa per cani guida, polemiche [ParmaOK]





-----Messaggio originale-----
Da: PressVisione [mailto:lettura.agevolata@comune.venezia.it]
Inviato: giovedì 9 ottobre 2008 22.53
A: Iscritti a PressVisione
Oggetto: Islam, Gb: Moschea con sale d'attesa per cani guida, polemiche [ParmaOK]

PressVisione anno VII / n.                                                                                                                           
Imam: l'impurità attribuita all'animale è sita solo nella saliva

ROMA (Apcom) - E' polemica tra i musulmani in Gran Bretagna a causa di una fatwa che autorizza l'istituzione di 'sale d'attesa' per cani guida utilizzati da fedeli non vedenti.
Ai critici che ricordano come il profeta detestasse l'animale perché 'impuro', lo Sheikh Shaib Hassan, titolare dell'editto religioso, risponde sulle pagine del giornale panarabo al Sharq al Awsat e spiega che "l'impurità è insita solo nella saliva" e entrare in contatto con un cane non costituisce una violazione dei dettami della shariya islamica.
Il quotidiano arabo edito a Londra riferisce che l'iniziativa è stata voluta dal Consiglio islamico in Gran Bretagna, il più grande organismo religioso della comunità islamica nel Regno Unito. Intanto, lo Sheikh Hassan ha aperto le porte della sua Moschea a Leicester per un giovane 17enne non vedente precisando che "i cani non entreranno in contatto con i fedeli e nemmeno con le loro scarpe", che solitamente vengono lasciate fuori dal luogo di culto.
Il Consiglio islamico ha fatto sapere che "le moschee di nuova costruzione dovranno disporre di un apposito spazio da utilizzare per l'attesa dei cani guida dei fedeli non vedenti". "I cani guida addestrati svolgono un ruolo importante nella nostra vita quotidiana - recita il testo dell'editto religioso - e la Shariya autorizza l'acquisto dei cani per esigenze particolari come fare la guardia a terreni e case, nonché per difesa personale. In base a tutto ciò il non vedente può acquistare un cane per essere aiutato e guidato alla moschea per la preghiera". La Lega dei propietari di Cani Guida nel Regno Unito, che aveva "fatto appello e collaborato" con l'organismo islamico, ha salutato il nuovo editto affermando che "per i non vedenti è un enorme passo in avanti".
Secondo una diffusa convinzione dei musulmani, il semplice contatto fisico con l'animale, considerato appunto 'impuro', obbliga il fedele a lavarsi prima con la sabbia e quindi per altre sei volte con l'acqua.

Nostro commento..

Abbiamo fatto leggere la notizia a Dharma, il cane guida di Pipistrello. Il suo commento è stato: “l’importante che ci sia la tv satellitare e dell’acqua gasata”!

cani guida e Islam..i cani guida e l'Islam..

           

sabato 11 ottobre 2008

maremma subacquea

 

Nostro commento in  fondo..Oggetto: C'è un museo in fondo al mare [Il Tirreno]

PressVisione anno VII / n.



C'è un museo in fondo al mare
09-10-2008
Il Tirreno

Ieri all'Elba i primi visitatori sono stati due subacquei non vedenti

di Gabriele Dini Stefano Bramanti

MARCIANA MARINA. Vedere l'arte con le mani in un museo subacqueo. Sembra di parlare di magia ma si tratta di una realtà. Da ieri infatti i fondali marini dell'isola d'Elba si sono arricchiti di una nuova attrattiva: l'"Oasi degli dei" il primo museo subacqueo del Mediterraneo. E i primi visitatori sono stati un gruppo di sub non vedenti della scuola Albatros-Progetto Paolo Pinto. Il museo è nato grazie a un'idea del sommozzatore professionista Giorgio Verdura che da anni organizza un simposio d'arte dedicato a Mariano Lazzarini a Marciana. Coniugando lo spirito di questa esperienza - che ha attratto artisti da tutto il mondo - con la sua passione per il mare Verdura ha lanciato questo progetto. Sul fondale di Patresi, di fronte a Punta Polveraia a Marciana (nel versante ovest dell'isola), verranno depositate dieci statue in marmo bianco di Carrara realizzate da artisti provenienti da Francia, Germania, Ecuador. Gli dei - le statue rappresentano divinità - resteranno su quel fondale tra 12 e 14 metri di profondità. Il giardino sommerso sarà quindi attrezzato per permettere la visita di turisti, amanti dell'arte e sub.
Senza dimenticare le persone disabili. E proprio per evidenziare quest'ultimo aspetto ieri mattina i primi visitatori del nuovo museo (provvisoriamente "aperto" nel porto di Marciana Marina causa maltempo) sono stati alcuni sub non vedenti. I ragazzi dell'associazione Albatros si sono tuffati verso le 13. In testa c'erano Antonio Tramacere e Elisabetta Franco - due sub non-vedenti - e con loro gli istruttori Manrico Volpi e Nicola Fanelli. La dolcissima labrador Kilt, la cagnetta che accompagnava Elisabetta, è rimasta a riva. I due sub hanno così potuto girare attorno a sirene e dei adagiati sul fondale. Un'esperienza a 360 gradi. «Noi non possiamo vedere le statue nei musei - spiega Antonio - e spesso non ci è nemmeno permesso di toccarle. In questo modo ci è possibile godere delle opere d'arte in una maniera totale, in 3D». «Non ci si deve stupire che un non vedente vada sott'acqua - spiega l'istruttore livornese Manrico Volpi - tutti i giorni si immergono nelle difficoltà che questa condizione impone. Ma questi ragazzi alla fine sott'acqua riescono a vedere più degli altri sub». Volpi sottolinea l'uso del termine "vedere".
«I ragazzi - aggiunge - attraverso il tatto e gli altri sensi riescono a ricreare un'immagine mentale delle cose con cui vengono in contatto. L'approccio tattile diventa visivo per loro e non si perde nella visione superficiale come succede ai sub normo-dotati». Il presidente di Albatros Angela Costantino mostra un libricino impermeabilizzato su cui sono rappresentate alcune specie marine con il nome in braille. In questo modo - e con l'ausilio delle guide - i non vedenti possono esplorare il fondo del mare. E adesso anche visitare un museo sottomarino. «Ma i ragazzi - spiega la Costantino - hanno già fatto immersioni in cerca di relitti e persino in un lago ghiacciato a 2100 metri di altitudine».

            NOSTRO COMMENTO..

Dobbiamo dire che questa iniziativa ci affascina, ma non possiamo esimerci dal fare i nostri commenti corrosivi.

Noi stigmatizziamo la retorica che infarcisce questi  eventi. Maremma subacqueama non si può scrivere in maniera sobria e realistica? Perché un non  vedente dovrebbe vedere meglio sott’acqua? Mistero! Un sub con disabilità visiva, si immerge tocca esplora ed  avrà sensazioni tattili ed emotive diverse da un vedente, quindi non vede ma tocca, tocca tocca!!

Poi non è assolutamente vero che nei musei in superficie non si possa toccare niente, a Venaria e nei musei di Torino ci sono negli ultimi anni visite accessibili e noi abbiamo toccato cose che i vedenti non possono toccare, naturalmente con le cautele del caso per non rovinare i  preziosi reperti.

Poi non parliamo del museo Omero. Quindi meno retorica, un plauso all’iiniziativa, ma una bacchettata alle solite manfrine che si esprimono intorno a queste cose..

fenomeni da baraccone.

Oggetto: Lettura Braille, in Friuli il primo premio [Messaggero Veneto]

 
Lettura Braille, in Friuli il primo premio

07-10-2008
Messaggero Veneto

UDINE. Ama leggere libri, navigare in internet, spedire mail ai suoi amici e seguire i giochi a quiz in televisione. Da grande vuole diventare un esperto di computer, lavorare nel campo informatico e magari imparare a suonare bene la tromba per entrare nella banda del suo paese. Intanto, a dieci anni, Davide Dodorico, un bambino non vedente che frequenta la scuola elementare di Pozzuolo ha iniziato già a dare dimostrazione della sua bravura vincendo il concorso nazionale di lettura Braille. Ogni due anni, la biblioteca italiana per i ciechi "Regina Margherita", in collaborazione con l'Unione nazionale ciechi, organizza la competizione che si svolge a livello provinciale, regionale e nazionale. Due anni fa Davide, che frequenta la quarta elementare a Pozzuolo, aveva partecipato per la prima volta al concorso aggiudicandosi il secondo posto nazionale. Non contento si è rimesso sui libri e grazie al suo impegno, prima ha vinto il concorso a livello provinciale, poi quello regionale e infine, il 19 aprile scorso, ha superato, nella sua categoria, altri sei campioncini provenienti dalle altre regioni d'Italia. Ma a sentirlo raccontare l'esperienza, in particolare la finale a Tirrenia, Davide pare non abbia avuto alcuna difficoltà: «Non mi hanno nemmeno fatto finire di leggere il libro - lamenta - invece io volevo continuare». Insomma, ama i libri e all'età di dieci anni («nove e mezzo» precisa Davide) ha già letto più di molti altri suoi coetanei vedenti. Tra le sue letture, Gianburrasca, Pinocchio, il Diario di Hanna Frank, il Libro della giungla, Harry Potter.

Gianpiero Bellocci

 

NOSTRO COMMENTO..

Questo articolo apparentemente innocente ci sbalordisce quanto una dieta di Talpa. Nel 2008 si scrivono articoli così roboanti: un bambino di dieci anni è normale che legga il braille, normale è anche che sia appassionato di informatica è normale che sia appassionato a qualche cosa come tutti i bambini. La tecnologia e l’integrazione che è iniziata dagli anni 70, pur con le sue contradizioni sicuramente ha sortito i suoi effetti.

Quindi non è un fenomeno da baraccone; bisognerebbe scrivere di bambini disinteressati a tutto e isolati. Un consiglio che diamo a questo ragazzo: esplora il mondo reale non solo quello virtuale e letterario, sono importanti certamente, ma giocare, farsi amici, fare campeggio rotolarsi nei prati pretendere dai propri genitori di andare in giro ecc.è indispensabile quanto respirare.

Buona fortuna ragazzo  normale….