mercoledì 17 febbraio 2010

Vorrei commentare l.doc

MIO COMMENTO IN FONDO.

 

 

buonasera,
sul quotidiano la città di salerno in data odierna e stato pubblicato un articolo che parla della vicenda dei coniugi Pascale e la mancata adozione di un bambino perche' a dire del pm la madre e non vedente.
di seguito vi invio gli articoli usciti sul giornarle e la posizione assunta dalla sezione provinciale di Salerno dell'uic che potete trovare sul sito
http://www.uicisalerno.it area news.

PAGANI. Il Tribunale boccia l'istanza di adozione perché la potenziale madre è non vedente. Una storia che scuote le coscienze quella raccontata dalla protagonista, Maria Sicignano, quarantenne, centralinista presso il comune di Pagani, alla quale è stato negato l'affetto di un bimbo da poter crescere ed accompagnare nel percorso della vita.
L'iter burocratico inizia nel 2005 quando Maria, insieme al marito Rocco Pascale, decidono di avviare le pratiche per la richiesta di adozione di un bambino di nazionalità italiana. "Nel 2005 ho fatto una dichiarazione di disponibilità per l'adozione al Tribunale dei Minori di Salerno - ha raccontato Maria - Dopo avere avviato tutta una serie di procedure ci siamo visti costretti, però, a rivolgerci ad un legale, Gelsomina Bottesini, che è riuscita ad ottenere una documentazione nella quale il pm del Tribunale dei Minori di Salerno ha espresso parere sfavorevole, in quanto, la sottoscritta è non vedente. Va precisato che siamo riusciti ad avere questi documenti solo tre anni dopo la presentazione della dichiarazione di disponibilità per l'adozione e cioè nel 2008. Questo avveniva anche perché oltre al legale abbiamo interpellato l'Unione Nazionale dei Ciechi che ha interagito in maniera forte. Per tre anni la pratica girovagava per il Tribunale senza che nessuno avesse il coraggio di informarci rispetto al parere del pm".
Di qui i coniugi Pascale non si arrendono e alla scadenza della prima istanza, s'imbattono nel rinnovo della seconda istanza. Ad attenderli una nuova prassi burocratica fatta di altri colloqui e di un corso di perfezionamento alla genitorialità. "Per il Tribunale di Salerno, per essere genitori bisogna perfezionarsi - ha asserito Maria - Abbiamo seguito questo corso che, non volendolo fare al Piano di Zona di Nocera Inferiore, siamo stati indirizzati al Piano di Zona di Cava ed è stato tenuto ad Amalfi. Da precisare che è stato un corso interessante, formativo, condotto da personale qualificato e che ci ha lasciato tanto. Dopo c'è stata la lunghissima attesa per riuscire ad avere il colloquio individuale con gli psicologi di Amalfi. Otto giorni fa sono andata a fare l'ultimo. Tra un anno scade la seconda istanza e siamo ancora a fare colloqui". Per la legge Maria non può essere una madre. Si chiede: "Quante persone hanno il mio stesso problema e sono genitori? Significa che bisogna andare a togliere l'affidamento di questi bambini, ad allontanarli dalle loro famiglie?
Non c'è differenza tra bambino adottato e bambino biologico, l'importante è avere una famiglia, oltretutto mio marito è normodotato".
Per Maria e Rocco è ingiusto. "Quello compiuto nei miei confronti è un atto discriminante, una forma di razzismo. Oltretutto questa diversità è una disabilità visiva non fisica o psichica. Siamo inseriti nel mondo del lavoro". Una battaglia legale che si è trasformata in una battaglia civile. "Quando scadrà la seconda istanza, continuerò la mia battaglia - ha concluso Maria - Non più per me bensì per chi vive la mia stessa situazione e non ha la mia stessa forza d'animo. Se al 2010 siamo ancora a questo, significa che c'è molto da fare per cambiare".
Liliana Tortora

PAGANI. La testimonianza della signora Maria si è fatta strada on line arrivando a coinvolgere, tramite svariati siti internet, numerose persone che hanno sposato questa giusta causa. "Anche attraverso Facebook- ha spiegato - abbiamo chiesto l'aiuto di tanta gente, infatti, sono arrivate centinaia di fax al Tribunale dei Minori di Salerno, di protesta civile, a nostro sostegno". La signora Maria ha colto l'occasione per lanciare un appello a quanti vivono la sua stessa condizione. "Sono disposta a costituire un Comitato. Chi si vuole unire può farlo prendendo contatti con me. Se bisogna combattere occorre riunire le forze". Si attendono, dunque, adesioni anche da parte di chi semplicemente intende appoggiare la coppia.

PAGANI. La storia dei coniugi Pascale ha visto scendere in campo anche il presidente dell'Unione Nazionale dei Ciechi, Vincenzo Massa, che ha svolto un ruolo fondamentale nella vicenda. L'associazione si è assunta in prima persona, attraverso il proprio rappresentante, l'onere di interagire nella complicata burocrazia a monte dell'istanza di adozione avanzata da Maria e Rocco. Il suo intervento è riuscito a smuovere le acque o meglio a far venire a galla la motivazione addotta dal Tribunale dei Minori di Salerno che di fatto ha rifiutato la richiesta di adozione, in quanto, la madre adottante è cieca. "A Massa va un ringraziamento - ha affermato Maria Sicignano- per la vicinanza dimostrataci e per l'azione attivata in nostra difesa"

 

 

 

torino 17 febbraio  2010

Vorrei commentare l’articolo che avete appena letto riguardo una presunta mancata adozione.

Questo è un argomento delicato

 Ma non si può sempre fare finta di niente.

 Nel mio caso, non parlo da esperto, ma da persona coinvolta personalmente in una pratica di adozione.

La cosa che colpisce sicuramente è la sofferenza per la mancata adozione, capisco benissimo il desiderio di diventare genitori e magari vedersi sfumare questo desiderio davanti agli occhi.

Va detto però che l’approccio a questa vicenda da parte della coppia secondo me è sbagliato.

Non conosco le motivazioni, che sono scritte sui documenti e i profili psicologici della coppia redatti dall’equipe che li ha esaminati.

 

Le motivazioni sono li e bisogna eventualmente contestarle nelle opportune sedi senza fare battaglie mediatiche.

All’inizio del mio percorso  per un’adozione internazionale ero molto aggressivo e pronto a battagliare, perché pensavo già a priori di essere discriminato in quanto io ipovedente grave destinato alla cecità.

Avevo già in mano una sequela di leggi sulla discriminazione da mettere davanti prima di tutto.

Dal 2001 il legislatore, finalmente, ha riformato la procedura per l’adozione velocizzandola e snellendola.

Naturalmente dipende molto dai tribunali dei minori che hanno competenza nelle varie città.

L’eqipe di assistenti sociali e psicologi si sono molto aggiornate e mi sembra ci sia stato un ricambio generazionale.

Per fortuna prima di depositare la domanda di adozione, mi hanno consigliato un corso non obbligatorio ma auspicabile, di avvicinamento all’adozione.

Mi ricordo quel giorno di tre anni fa molto bene.

Io e mia moglie entriamo nella sala conferenze, io mi preparo da buon italiano medio con la verità in tasca ad ascoltare queste noiosissime conferenze.

 

Il relatore comincia a spiegare la riforma della legge  sulle adozioni per correggere il più possibile gli errori del passato, e dare risposte concrete alle coppie ansiose di adottare

La frase iniziale mi colpì come uno schiaffo, eppure l’avevo  letta molte volte senza capirla veramente.

La frase recita: “non sono i genitori ad aver diritto ad un figlio, ma è il bimbo ad aver diritto ad una famiglia, noi abbiamo il dovere di ponderare attentamente l’idoneità dei genitori candidati all’adozione, perché ogni fallimento, ogni nostra valutazione errata, si trasforma in tragedia non risanabile per il bimbo, che magari è stato abbandonato o orfanoe magari  viene rifiutato anche dalla famiglia adottiva. Un trauma irrecuperabile”.

 

Purtroppo durante questa due giorni di incontri, venivano citati anche fallimenti, perché non dimentichiamolo mai, spesso i bimbi da adottare hanno subito violenze e situazioni pesanti, anche se adottati in fasce avranno delle crisi di identità molto forti.

Quindi in poche parole allo stato non frega niente dei desideri dei genitori, deve essere attento nella valutazione delle coppie per il bene del bambino.

Invece sempre, io per primo, avevo messo al centro me stesso e il mio presunto diritto alla genitorialità.

Dopo quell’incontro io e mia moglie ci confrontammo sull’opportunità di continuare nel percorso e,  se depositare la domanda.

Decidemmo di proseguire, e di non contestare un eventuale diniego alla nostra idoneità all’adotzione.

Naturalmente se avessimo letto delle motivazioni aleatorie e palesemente inesatte sul nostro conto magari le avremmo contestate.

Ma la mia disabilitàavrebbe pesato parecchio nella valutazione del nostro profilo. Non poteva essere diversamente non possono mica darmi un bimbo senza sapere che  tipo sono, se sonoautonomo se non sono depresso dalla mia  malattia visiva ecc.

Non possono mica, valutarmi  idoneo solo per non offendre il mio senso di discriminazione.

Il bimbo come si sarebbe approcciato a noi ed in particolare a me nella vita quotidiana, gli avrei dato sicurezza e supporto?

Devo dire che dopo aver depositato la domanda al tribunale dei minori di torino, ci aprimmo completamente agli psicologi e agli assistenti sociali di zona che dovevano dare un parere ai giudici minorili.

Persone serie e competenti, che facevano domande legittime sulla nostra vita, sulla nostra  famiglia, sulle nostre anzie, sulla nostra infanzia ecc.

Questa è la procedura, qualcuno ci giudica ed è giusto.

Le valutazioni sono state positive e i giudici si trovarono un fascicolo in cui eravamo “giudicati abbastanza normali”.

A quel punto cinque giudici in modo collegiale esaminarono la nostra pratica, per non trascurare nessun aspetto per il bene dell’eventuale abbinamento con un bimbo da adottare. Cinque giudici per tutti e non solo per noi, questa e laprassi.

Il parere  positivo del tribunale ci ha permesso diintraprendere e portare a termine una adozioneinternazionale.

La prassi è stata lunga e non vi voglio tediare.

Questa coppia invece si è fermata a quella nazionale.

Da notare che la nazionale è molto difficile in quanto il rapporto fra coppie in lista e bimbi disponibili è di un bimbo ogni dieci domande.

E’ chiaro che una coppia condelle caratteristiche particolari, verrà messa in secondo piano , secondo me giustamente, in quanto un bimbo adottato dovrà avere meno problemi in linea teorica con due genitori senza disabilità.

Questo potrebbe sembrare discriminatorio, dal punto di vista dei genitori, ma nondal punto di vista del bene del bambino.

In linea generale, un giudice può considerare idonei dei genitori con disabilità, ma potendo scegliere sceglie il rischio minore mettendo nelle mani un bimbo   a dei  genitori adottivi senza peculiarità se le statistiche glielo consentono.

Infatti noi come coppia ci siamo rivolti all’internazionale  perché ci sono più bimbi che coppie.

Anche qui la scelta del paese è delicata, in  quanto noi pensiamo che i paesi dove si adotta siano un supermarketdi bimbi a nostra  disposizione.

Non è così, ogni paese ha il suo sistemagiuridico, e può valutare a sua volta inidonei genitori candidati.

Come si può notare l’argomento è complesso  e soggettivo. Infatti mia  moglie è “normale”, forse questo ha favorito il nostro percorso. Comunque io sono stato valutato attentamente e ne sonocontento, questo è stato sintomo di serietà da parte delle istituzioni.

La battaglia che la coppia sta combattendo non la condivido, perché quando ci dicono di NO noi italiani ci sentiamo defraudati e non vogliamo sottostare a nessuna regola.

Inoltre le motivazioni  di una difficoltà nel profilo della coppia è segnalata chiaramente nelle reelazioni e a disposizione della coppia.

Infatti,  come confermato da loro, hanno fatto dei corsi per affrontare meglio l’adozione, riscontrando serietà e competenza.

Quindi è difficile giudicare, ma si deve leggere nella relazione e capire perché la cecità di uno dei due inficia l’adozione.

In ultima analisi, mi risulta che nell’adozione nazionale non viene emessa una sentenza di idoneità, si viene iscritti per tre anni in un elenco che è disponibile  per una adozione e dopo i tre anni bisogna reiterare la domanda.

Quindi i giudici”scelgono” da questo elenco le coppie più idonee, in questa fase di fatto una relazione psicologica che sottolinea alcuni dubbi sulla coppia pesa molto.

 

Mi sembra che la conoscenza deve essere precisa della procedura, invece dall’articolo del giornale di salerno mi sembra ci sia un po’ di confusione.

La nostra lista serve comunque anche a questo, non solo a dire cose legèere.

Un ultima nota: non miè piaciuta la frase della coppia “noi non siamo mica su una sedia a rotelle e ritardati”, allora anche loro discriminano.

Anche la frase superficiale sui genitori naturali, che dovrebbero essre spogliati dalla patri apotestà naturale e se invalidi, non è corretta.

Ci sono genitori naturali con disabilità a cui è stata tolta la patria potestà, come ci sono state coppie “normali” che hanno subito lo stesso destino.

Mentre ci sono coppie perfettamente  meritevoli di stima nell’allevare i propri figli naturali, pur con disabilità gravi o meno gravi.

     Secondo me un genitorenaturale, non può essre esaminato  prima dell’esperienza, ma si spera che maturi in  lui un genitore responsabile.

Se ciò non accade lo stato interviene, purtroppo spesso, più di quanto  si creda.

Nel caso dell’adozione lo stato ha il dovere di esaminare, visto che ne ha la possibilità, la coppia da cima a fondo, spesso sbagliando in  un senso o nell’altro.

Sergio prelato

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