domenica 26 ottobre 2008

carcere e disabili

Oggetto: Disabilità dietro le sbarre: un mondo sconosciuto, tra silenzi e barriere [Redattore Sociale]

PressBarriere anno V / n. 742

Disabilità dietro le sbarre: un mondo sconosciuto, tra silenzi e barriere
20-10-2008
Redattore Sociale

Sono 55.960 detenuti in Italia, 175 posti riservati a ''minorati fisici'' e disabili motori. Molti di più i detenuti con disabilità che vivono in celle troppo strette, in istituti pieni di barriere, affidati a piantoni e compagni di cella

ROMA. 55.960: tanti sono i detenuti in Italia rilevati al 7 settembre. 11: tante sono le strutture che dispongono di sezioni attrezzate per detenuti con disabilità motoria (disabili o, nei casi meno gravi, "minorati fisici", come sono tuttora definiti nelle classificazioni ufficiali). 175: tanti sono i posti complessivi di cui queste sezioni dispongono, dio cui però 90 ancora inagibili. Molti di più i detenuti che, per le loro condizioni fisiche, soffrono di un'autonomia limitata e pertanto richiedono un'assistenza particolare. Molti di più, ma quanti di preciso non è dato saperlo, perché "nel nostro Paese non esiste una sistema unitario di raccolta dati sull'indice della malattia in carcere", riferiscono dall'ufficio del Garante dei diritti dei detenuti del Lazio. Della disabilità dietro delle sbarre, dunque, si sa poco e niente, sebbene il fenomeno non sia affatto marginale, né dal punto di vista quantitativo (il numero dei detenuti disabili) né dal punto di vista qualitativo (le difficoltà e i problemi che la disabilità incontra all'interno del carcere). Ma è il concetto stesso di disabilità che, nell'ambito del carcere, deve essere riconsiderato: una banale frattura al menisco, un trauma riportato in una partita di calcetto, una lesione: tutto questo, in carcere, può produrre disabilità, in molti casi anche permanente.

"Spesso passano mesi prima che un detenuto ottenga di essere sottoposto a una risonanza magnetica per verificare il trauma riportato - riferiscono ancora dall'ufficio del garante del Lazio - e ancor più tempo passa prima che riceva la cura di cui ha bisogno, specialmente quando si tratta di un intervento. C'è il caso di un giovane detenuto, che ci è stato segnalato proprio in questi giorno: ha il ginocchio bloccato dal 23 luglio e, a tutt'oggi, non è riuscito ad avere una risonanza. Nel frattempo non riesce a muoversi e forse riporterà danni permanenti. A Frosinone c'è un giovane detenuto a cui una banale lesione si è cicatrizzata, causa la mancanza di cure: oggi ha un quadricipite lungo 40 cm, l'altro 45: e così, per la mancanza di un ortopedico, di ausili e della giusta assistenza, il carcere produce disabilità".

Ma se da un lato il carcere produce disabilità, dall'altra la riceve: la disabilità di chi è malato di HIV o di epatite, o quella di chi ha riportato gravi traumi in seguito a ferite da arma da fuoco. "L'unico modo che abbiamo per conoscere queste situazioni è l'esperienza diretta, il rapporto con i detenuti - spiegano ancora dall'ufficio del garante laziale - Arrivano spesso persone con esiti di eventi traumatici: una dottoressa del Pertini ci ha segnalato il caso di un ragazzo paraplegico ricoverato per decubito e destinato al carcere: un ragazzo che avrebbe bisogno di tutta una serie di ausili - sedia a ruote, cuscino antidecubito ecc. - che il carcere non offre. Nella maggior parte dei casi, l'assistenza a questi detenuti è tutta sulle spalle dei loro compagni. Penso a un uomo poliomielitico ricoverato a Frosinone: ha una gamba più corta dell'altra e un'autonomia molto ridotta. Da solo non riesce neanche a tagliarsi le unghie. Nella quotidianità, dipende completamente dal suo compagno di cella".

E quando l'autonomia è ridotta, le barriere del carcere contribuiscono a ridurla ancora di più: "il carcere è strutturalmente elemento di barriere: pensiamo solo al problema dei bagni: cosa significa una turca per un detenuto con difficoltà motoria? E poi in ca4rcerr mancano gli ausili, manca l'assistenza adeguata, anche nei centri clinici. Essere allettati, in carcere, rappresenta un grande problema: servono tante accortezze,. Per esempio, per evitare il decubito sacrale. Accortezze che il carcere non può offrire. In carcere è frequente vedere le carrozzine rattoppate con le bende". Un altro grande problema riguarda l'accertamento della disabilità: un accertamento già complesso fuori dal carcere. "Per verificare la disabilità di un detenuto passano da uno a tre anni: commissioni da riunire, verbali da compilare, visite specialistiche ecc. Ma riconoscere l'invalidità è indispensabile per fornire gli ausili". C'è poi un'altra grande questione, che riguarda il controllo del dolore: "Conosciamo persone che soffrono forme acute di dolore, che in carcere è ancor più difficile da gestire. Ci sono persone che, all'interno del carcere, sono sottoposte a cicli di chemioterapia, con tutto ciò che ne consegue. Come gestire il dolore in carcere? E' questa un'altra domanda che attende una risposta".

La disabilità dunque pone al carcere una serie di problemi e di domande: "nella nostra regione abbiamo provato a risponder a queste domande, organizzando per esempio un corso di formazione per i piantoni sul tema della malattia e della disabilità. ma può il piantone essere la risposta a un limite fisico? O non sarebbe meglio, di fronte a un grave limite fisico, evitare la detenzione? Ma come è possibile evitarlo, se non esistono strutture alternative, in grado di rispondere alle due esigenze di giustizia e salute?". Sono domande che, almeno per il momento, restano aperte, ma che fanno luce su un problema che vive nell'ombra del carcere e di cui pochi sembrano essere consapevoli, nonostante la sua consistenza: il problema della disabilità".

(cl)

Nostro commento..

Purtroppo non abbiamo commenti al riguardo, un rispettoso silenzio per i disabili che a qualsiasi titolo vivono il carcere, un silenzio non indifferente naturalmente.

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