sabato 11 ottobre 2008

maremma subacquea

 

Nostro commento in  fondo..Oggetto: C'è un museo in fondo al mare [Il Tirreno]

PressVisione anno VII / n.



C'è un museo in fondo al mare
09-10-2008
Il Tirreno

Ieri all'Elba i primi visitatori sono stati due subacquei non vedenti

di Gabriele Dini Stefano Bramanti

MARCIANA MARINA. Vedere l'arte con le mani in un museo subacqueo. Sembra di parlare di magia ma si tratta di una realtà. Da ieri infatti i fondali marini dell'isola d'Elba si sono arricchiti di una nuova attrattiva: l'"Oasi degli dei" il primo museo subacqueo del Mediterraneo. E i primi visitatori sono stati un gruppo di sub non vedenti della scuola Albatros-Progetto Paolo Pinto. Il museo è nato grazie a un'idea del sommozzatore professionista Giorgio Verdura che da anni organizza un simposio d'arte dedicato a Mariano Lazzarini a Marciana. Coniugando lo spirito di questa esperienza - che ha attratto artisti da tutto il mondo - con la sua passione per il mare Verdura ha lanciato questo progetto. Sul fondale di Patresi, di fronte a Punta Polveraia a Marciana (nel versante ovest dell'isola), verranno depositate dieci statue in marmo bianco di Carrara realizzate da artisti provenienti da Francia, Germania, Ecuador. Gli dei - le statue rappresentano divinità - resteranno su quel fondale tra 12 e 14 metri di profondità. Il giardino sommerso sarà quindi attrezzato per permettere la visita di turisti, amanti dell'arte e sub.
Senza dimenticare le persone disabili. E proprio per evidenziare quest'ultimo aspetto ieri mattina i primi visitatori del nuovo museo (provvisoriamente "aperto" nel porto di Marciana Marina causa maltempo) sono stati alcuni sub non vedenti. I ragazzi dell'associazione Albatros si sono tuffati verso le 13. In testa c'erano Antonio Tramacere e Elisabetta Franco - due sub non-vedenti - e con loro gli istruttori Manrico Volpi e Nicola Fanelli. La dolcissima labrador Kilt, la cagnetta che accompagnava Elisabetta, è rimasta a riva. I due sub hanno così potuto girare attorno a sirene e dei adagiati sul fondale. Un'esperienza a 360 gradi. «Noi non possiamo vedere le statue nei musei - spiega Antonio - e spesso non ci è nemmeno permesso di toccarle. In questo modo ci è possibile godere delle opere d'arte in una maniera totale, in 3D». «Non ci si deve stupire che un non vedente vada sott'acqua - spiega l'istruttore livornese Manrico Volpi - tutti i giorni si immergono nelle difficoltà che questa condizione impone. Ma questi ragazzi alla fine sott'acqua riescono a vedere più degli altri sub». Volpi sottolinea l'uso del termine "vedere".
«I ragazzi - aggiunge - attraverso il tatto e gli altri sensi riescono a ricreare un'immagine mentale delle cose con cui vengono in contatto. L'approccio tattile diventa visivo per loro e non si perde nella visione superficiale come succede ai sub normo-dotati». Il presidente di Albatros Angela Costantino mostra un libricino impermeabilizzato su cui sono rappresentate alcune specie marine con il nome in braille. In questo modo - e con l'ausilio delle guide - i non vedenti possono esplorare il fondo del mare. E adesso anche visitare un museo sottomarino. «Ma i ragazzi - spiega la Costantino - hanno già fatto immersioni in cerca di relitti e persino in un lago ghiacciato a 2100 metri di altitudine».

            NOSTRO COMMENTO..

Dobbiamo dire che questa iniziativa ci affascina, ma non possiamo esimerci dal fare i nostri commenti corrosivi.

Noi stigmatizziamo la retorica che infarcisce questi  eventi. Maremma subacqueama non si può scrivere in maniera sobria e realistica? Perché un non  vedente dovrebbe vedere meglio sott’acqua? Mistero! Un sub con disabilità visiva, si immerge tocca esplora ed  avrà sensazioni tattili ed emotive diverse da un vedente, quindi non vede ma tocca, tocca tocca!!

Poi non è assolutamente vero che nei musei in superficie non si possa toccare niente, a Venaria e nei musei di Torino ci sono negli ultimi anni visite accessibili e noi abbiamo toccato cose che i vedenti non possono toccare, naturalmente con le cautele del caso per non rovinare i  preziosi reperti.

Poi non parliamo del museo Omero. Quindi meno retorica, un plauso all’iiniziativa, ma una bacchettata alle solite manfrine che si esprimono intorno a queste cose..

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