mercoledì 22 ottobre 2008

lavoro..

Oggetto: Il centralinista cieco a Brunetta «Per un guasto sono fannullone» [Corriere del Veneto]

Storia di Massimo che lavora alla Motorizzazione civile di Treviso «Mesi fa si è rotto il centralino, nessuno lo ripara ma mi pagano lo stesso»

TREVISO - Appena entri in casa, senti un campanellino leggero. È quello di Laal, una gattina dal nome indiano che si traduce in «Amata». Lei ti vede e ti viene incontro. Lui invece arriva un attimo dopo. E per stringerti la mano tentenna un po'. Poi ti trova.
«Buongiorno». Siamo al quarto piano di via Pescatori, in pieno centro a Treviso. Qui vive Massimo Vettoretti, 29 anni, centralinista alla Motorizzazione Civile. Cieco dalla nascita, il giovane ha deciso di raccontare la sua rabbia. «Da mesi non faccio nulla. Il centralino si è rotto e nessuno lo ha più riparato. È un oltraggio». Massimo soffre dalla nascita di una malattia, l'amaurosi congenita di Leber. «Vedo a malapena la differenza tra luce e buio ». Originario di Valdobbiadene, dal 2005 si è trasferito in centro a Treviso. A novembre dello scorso anno è riuscito a firmare un contratto a tempo indeterminato con l'ente ministeriale di via Castellana. Un posto ottenuto grazie ad un apposito albo dei centralinisti non vedenti. Un posto da poco meno di 1.200 euro netti al mese che molti suoi coetanei invidiano. Ma che per lui si è trasformato in un inferno. Da maggio, infatti, il centralino si è rotto. Massimo non deve più decentrare le chiamate. Non deve più far niente. «Ogni giorno vado lo stesso a lavorare», spiega. Ghermisce una sigaretta dal pacchetto. «Accendo il computer. Mi collego ad internet. E resto lì, a farmi i fatti miei».
Massimo ha deciso di scrivere ai dirigenti. Spiegando che lui, di fare il fannullone, non ne ha proprio voglia. Sono arrivate risposte vaghe.
«Ma io so quale è il vero problema. Riparare il centralino non è conveniente. Ne servirebbe uno nuovo, che costa sui 13.000 euro. Ma nessuno si muove. E così ogni giorno devo andare in quello sgabuzzino. Senza luce e finestre. A non far nulla ».
Dopo tanti tentennamenti, Massimo ha deciso di raccontare la sua storia. Un po' nella speranza che qualcosa cambi. Un po' per dare voce alle 1.350 persone che in provincia di Treviso (circa 10 mila in Veneto) hanno il sussidio di invalidità perché ipovedenti o cieche. Per loro, non mancano gli aiuti dalla tecnologia. Coincidenza, proprio ieri pomeriggio in piazza Indipendenza, a Treviso, è stato presentato Kurzweil Mobile, un'applicazione tecnologica che consente alle persone cieche di leggere tutti i testi a stampa mediante lo scatto di una foto con il telefonino. Piccoli aiuti, anche se ogni movimento rimane complesso.
Massimo mostra un po' del suo micromondo portandoci nel suo studio. C'è una chitarra, un mixerino e una pianola. «Mi piace suonare». Avvia il computer. Schermo nero e nessun mouse. «Mi arrangio con la tastiera normale e con quella braille ». Da un microfono escono 140-160 parole al minuto: incomprensibili. «Il computer mi dice quello che c'è scritto. Va così veloce per non farmi perdere tempo». Apre qualche sito internet. Ci sono quelli più leggibili e quelli inondati di grafica indecifrabile. Sul suo, di sito www.vettoretti.net - tutto è più semplice. Parole e parole. E poi ecco skype e tutto il resto. I quaranta caratteri della tastiera braille saltano dentro e fuori come impazziti. E lo sc


hermo è sempre nero. Intanto, Massimo ci racconta dei suoi progetti. Di quando insegna informatica. Del corso di laurea in psicologia che da poco ha iniziato. Laal ogni tanto scampanella. Ma ecco: il buio la inghiotte di nuovo. E della fatica del vivere.
Perché, anche se è vero che lui ha una pensione di invalidità da settecento euro, i costi sono pur sempre alti. L'appartamento, in centro: seicento euro al mese. E per andare al lavoro - sono tre chilometri - è costretto a spendere almeno trecento euro di taxi. «Mi fanno lo sconto. Ma non posso farne a meno. All'andata, cammino solo su un lato e non ho problemi. Ma il ritorno devo attraversare. E la gente muore sulla Castellana. Figurarsi io che non ci vedo».
Se piove, è ancora peggio. E se poi si arriva a lavoro e per cinque, lunghissimi mesi ti lasciano lì a non far niente, allora la desolazione diventa rabbia. «Io chiedo solo di poter lavorare. Lo sappia il ministro Brunetta. Mi costringono a non far niente tutto il giorno. Con la gente che chiama al centralino e non ottiene risposta. È un insulto. Peggio: un oltraggio».

Mauro Pigozzo

 

NOSTRO COMMENTO..

Cosa ci tocca sentire, qualcuno che si lamenta per la mancanza di lavoro!

Probabilmente Brunetta è giapponese, infatti in giappone non si licenzia, si sottrae lavoro  e dignità al dipendente, costringendolo a licenziarsi.

Ma volevamo dire, che tutti hanno un gatto con il sonaglio, sempre un po’ fastidioso  questo taglio pietistico. Rimane da chiedersi dove cavolo stanno i dirigenti dell’unione italiana ciechi? Non possono intervenire per fare il loro lavoro?


In ogni caso stiamo cercando Talpa e Pipistrello  perché non vogliono che passi il messaggio che tutti i centralinisti vogliono lavorare,stai attento Massimo che quei due se ti trovano corri il rischio di essere convinto a non fare un cacchio.. 

Nessun commento: