venerdì 13 febbraio 2009

«Non guardate al limite ma alla persona»

 
   
Trentino del 10-02-2009

«Non guardate al limite ma alla persona»

Marcantoni: una conferma del pregiudizio



TRENTO. Mauro Marcantoni, come giudica l'esclusione di Francesca Fugatti dalla gara di nuoto perché cieca?

Si tratta di un'ulteriore sconcertante conferma del pregiudizio che grava sui portatori di handicap e sulla loro possibilità di realizzarsi compiutamente non solo nello sport. Certo, nel caso in questione esistono i regolamenti, ma sono convinto che questi non siano assiomi indiscutibili ma disposizioni che vanno interpretate alla luce del buon senso e di una corretta valutazione caso per caso.

Ma come ci si dovrebbe comportare in casi come questi?

L'errore da evitare è quello di considerare il limite e non la persona. Se ci fermiamo al primo, al limite, tutto diventa impossibile, precluso, irraggiungibile. Se guardiamo alla persona il problema si sposta su come si può raggiungere diversamente la "normalità", cioè la capacità di esprimere, senza vincoli o barriere, le proprie attitudini.

Sono barriere facili da abbattere, nel concreto?

Il cieco non è un normale a cui manca la vista, ma una persona che si è organizzata su quattro anziché su cinque sensi. E' ovvio che questo presuppone la capacità di sviluppare abilità compensative e di adottare accorgimenti coerenti con la natura dell'handicap. Tuttavia è fuori dubbio che la normalità a quattro sensi ha la sua compiutezza e rende possibile la più ampia espressione di tutti i talenti di cui ciascuno dispone.

Un non vedente come vive la sua disabilità?

Il cieco non è come un normale che gira ad occhi chiusi: quindi una persona spaurita e incapace persino di muoversi. Il cieco convive con il suo handicap e ha imparato a compensarne i limiti. Nel mio ultimo libro, «I ciechi non sognano il buio», sono raccolte 80 storie di non vedenti che si sono realizzati con successo nei campi più sorprendenti: nello sport, persino nel tiro con l'arco; nell'arte, dalla danza alla scultura; nel lavoro, dal falegname all'avvocato, dall'insegnante all'informatico.

Ma in casi come questi è giusto che ci siano delle regole specifiche?

Le regole devono essere applicate alla luce di una semplice costatazione: ciò che è rischioso per un vedente ad occhi chiusi può tranquillamente non esserlo per un cieco. Quindi va superato il pregiudizio che impedisce una valutazione serena su ciò che è possibile, partendo da una diversa idea di normalità. Scelta questa che non può essere effettuata unilateralmente da un vedente ligio alle regole, ma che ha bisogno di un adeguato confronto con chi della cecità ha esperienza diretta o che ne conosca caratteristiche e possibilità.

E andando al di là del caso di Francesca Fugatti?

Estendendo il ragionamento a tutti gli handicap, ciò che dobbiamo perseguire è l'aggiornamento del concetto di normalità e dell'uso che ne facciamo quotidianamente. La normalità, infatti, non è uno standard a cui dobbiamo adeguarci, ma è un modo di raggiungere diversamente, ma con pienezza, gli stessi obiettivi di vita e di lavoro.



Nessun commento: